L’ordinanza n. 25736/2022 della Corte di Cassazione, depositata il 1° settembre scorso, affronta la questione del recupero dell’imposta in seguito alla mancata apposizione del visto di conformità in dichiarazione. Si tratta di una decisione di notevole interesse, anche per via del fatto che non si conoscono molte altre decisioni sull’argomento.
La vicenda trae origine dalla mancata apposizione del visto di conformità di cui all’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, D.L. 78/2009 a causa, secondo quanto indicato nel ricorso, di un errore materiale, non essendo stato indicato il codice fiscale del professionista per una anomalia del software utilizzato. Tale errore aveva comportato un atto di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate, che ha considerato la violazione di natura sostanziale con conseguente applicazione delle sanzioni. Il ricorso è stato accolto dai giudici di primo grado, mentre la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione. Il contribuente si è, quindi, rivolto alla Suprema Corte per chiedere la cassazione della sentenza dei giudici regionali.
Dall’esame dell’ordinanza, i Giudici della Suprema Corte evidenziano che:
- non risulta contestata la titolarità del credito in questione rispetto all’entità, la sussistenza e/o liquidità. I rilievi riguardano esclusivamente le modalità di utilizzo anticipato del credito tributario che, secondo l’Agenzia delle Entrate, risultava indebito in quanto effettuato in assenza del visto di conformità;
- affinché una violazione possa configurarsi come meramente formale (ex art. 5 bis, comma 6 del D.lgs. 472/1997) occorre la contemporanea sussistenza di un duplice presupposto, ovvero che la violazione accertata non comporti un pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incida sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo, come affermato in diverse occasioni dalla stessa Corte di Cassazione (Cass. n . 27211/2014, 23352/2017, 14158/2018; Cass. n. 5289/2020);
- nel caso in specie, la mancata apposizione del visto di conformità, oltre a non costituire condotta frodatoria, non ha arrecato alcun pregiudizio per le casse erariali.
Secondo gli Ermellini, la funzione del visto di conformità richiesto per poter operare la compensazione dei crediti d’imposta è quella di assicurare un controllo anticipato dell’esistenza e spettanza del credito compensabile mediante verifica da parte di un professionista abilitato. L’inosservanza di tale adempimento è:
- inidonea a pregiudicare l’esercizio delle attività di controllo e di verifica della sussistenza del credito da parte dell’Ente accertatore;
- inidonea a incidere negativamente in danno del fisco sia rispetto alla determinazione della base imponibile sia sul versamento del tributo.
Ne deriva che, una volta accertati sul piano sostanziale l’esistenza del credito e il conseguente diritto del contribuente di avvalesi della compensazione, la mancata apposizione del visto di conformità si traduce in un’infrazione meramente formale.
In conclusione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso del contribuente configurando la fattispecie della mancata apposizione del visto di conformità tra gli errori meramente formali, quindi non passibili di sanzione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN