La Corte Costituzionale ha rivoluzionato la disciplina in materia di IMU, stabilendo che ai fini dell’esenzione per l’abitazione principale non rileva il nucleo familiare. Chiariamo meglio quali sono gli effetti concreti della sentenza, anche in vista del pagamento del saldo IMU di dicembre.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 13 ottobre 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina IMU in materia di abitazione principale laddove si stabilisce che: “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”. In altre parole, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui richiede, ai fini dell’agevolazione IMU, che l’immobile sia utilizzato come abitazione principale non solo dal soggetto passivo, ma anche dal suo nucleo familiare, estendendo di fatto la possibilità per ognuno dei membri del nucleo familiare di poter godere dell’esenzione IMU su altro immobile qualificato quale abitazione principale, sussistendone i requisiti di residenza e dimora abituale.
È il caso classico di due coniugi, possessori ognuno di un immobile a prescindere se ubicato nel medesimo Comune o in Comuni diversi, nel quale vi abbiano stabilito ognuno la propria residenza anagrafica e dimora abituale. Secondo quanto stabilito nella sentenza in commento, per i due coniugi sarà possibile godere delle agevolazioni in materia di IMU che consistono in particolare:
- per gli immobili cd di lusso classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9:
- nell’aliquota ridotta di cui all’art. 1 co. 748 della L. 160/2019 (aliquota pari allo 0,5%, con facoltà del Comune di aumentarla di 0,1 punti percentuali o diminuirla fino all’azzeramento);
- nella detrazione pari a 200,00 euro (da rapportarsi al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione e, se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, alla quota di possesso) ex art. 1 co. 749 della L. 160/2019;
- per gli immobili di categoria catastale a uso abitativo diversi rispetto al precedente punto:
- nell’esenzione dall’IMU (ex art. 1 co. 740 della L. 160/2019).
Tuttavia, lo stesso Giudice delle leggi evidenzia che dalla sentenza non discende alcun salvacondotto nella direzione di considerare “abitazione principale” anche le “seconde case”, in quanto i requisiti della residenza anagrafica e della dimora abituale devono sempre effettivamente sussistere anche tenendo presente, per esempio, i dati relativi alla somministrazione delle utenze.
Gli effetti concreti della sentenza n. 209/2022 della Consulta sono i seguenti:
- In sede di versamento del saldo 2022, è possibile tenerne conto in relazione al calcolo dell’imposta dovuta per il secondo semestre con conguaglio di quanto versato in sede di acconto. Secondo quanto previsto dalla normativa in materia (art. 1 comma 762 della L. 160/2019), il versamento della rata a saldo è eseguito, a conguaglio, tenendo presenti le aliquote e le detrazioni risultanti dall’anno in corso. Eventuali importi a credito potranno essere richiesti a rimborso previa apposita istanza di rimborso; in alternativa, previa autorizzazione, è possibile avvalersi della compensazione.
- I contribuenti possono avvalersi dell’agevolazione non solo rispetto alla quota di comproprietà dell’immobile ma anche rispetto alle sue pertinenze. Sono qualificate come tali esclusivamente le unità accatastate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nel limite di una per categoria anche se iscritte in Catasto unitamente all’unità abitativa.
- I contribuenti potranno presentare le istanze di rimborso per quanto versato negli anni precedenti, a titolo di IMU. Secondo quanto stabilito ex art. 1 comma 164 della L. 296/2006, il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. Si ritiene che il termine da considerare quale punto di partenza per la decorrenza dei cinque anni coincida con la data in cui, in origine, è stato eseguito il versamento indebito. Non è possibile ricomprendere i versamenti precedenti ai 5 anni in quanto si tratta di rapporti ormai giuridicamente esauriti.
- Per quanto concerne eventuali obblighi dichiarativi, è il caso di tener presente quanto riportato nelle istruzioni al modello, laddove viene affermato che “la conoscenza da parte del Comune delle risultanze anagrafiche fa venire meno la necessità di presentazione della dichiarazione” per l’abitazione principale. Ne discende che i Comuni sono a conoscenza del fatto che i coniugi abbiano fissato la propria residenza anagrafica in immobili differenti di cui sono rispettivamente possessori. Stando così le cose, non dovrebbe sussistere alcun obbligo dichiarativo in capo ai coniugi per il riconoscimento dell’esenzione IMU per l’abitazione principale. Tuttavia, resta ferma l’azione dei Comuni volta ad accertare la mancanza del requisito della dimora abituale negli immobili ove è fissata la residenza anagrafica, disconoscendo l’esenzione per l’abitazione principale.
L’onere della prova risente delle nuove disposizioni della riforma del processo tributario (articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs546/1992) e si atteggia diversamente, a seconda che si sia in presenza di una istanza di rimborso o di un atto di accertamento del Comune. Nel primo caso, l’onere è senz’altro in capo al contribuente, il quale potrebbe produrre, ad esempio, la documentazione afferente i costi dei consumi delle utenze. Nell’altro caso, dovrebbe essere il Comune a procurarsi le notizie relative all’inesistenza del requisito della residenza anagrafica oppure della dimora abituale.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN