La sentenza n. 209/2022 della Consulta delinea le modalità costituzionalmente orientate per qualificare l’immobile quale abitazione principale ai fini IMU. A tale fine viene richiesto che il possessore vi abbia stabilito la propria residenza anagrafica nonché sussista effettivamente la dimora abituale, senza che abbia rilevanza la residenza anagrafica e la dimora abituale dei componenti del nucleo familiare.
Particolarmente problematica potrebbe apparire la sussistenza del requisito della dimora abituale, in quanto potrebbe rappresentare un salvacondotto per richiedere l’agevolazione anche per le seconde case dove si stabilisce la mera residenza senza che corrisponda effettivamente la dimora. Al riguardo, la stessa Corte precisa che i Comuni potranno fare le opportune verifiche accedendo ai dati relativi alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio. La sentenza, infatti, non stabilisce alcun automatismo circa l’estensione dell’esenzione alle “seconde case”. È opportuno precisare che, laddove non fosse possibile stabilire con sufficiente certezza che in una delle due abitazioni il possessore non abbia la dimora abituale, l’esonero competerà solo sull’altro immobile. Secondo le norme processuali in materia tributaria, come recentemente modificate ai sensi dell’articolo 7, comma 5-bis, del D.lgs. 546/1992, si ritiene che l’onere della prova spetti al Comune che dovrebbe procurarsi le notizie a supporto delle proprie ragioni.
Per valutare la portata della sentenza, si considerino i seguenti esempi:
1) Due coniugi sono proprietari ciascuno di un immobile accatastato come A/3 in due diversi Comuni (oppure nello stesso Comune). Entrambi hanno stabilito la propria residenza anagrafica e dimora abituale nell’immobile di loro proprietà. In ragione della sentenza in esame, entrambi godono ciascuno dell’esenzione IMU per l’abitazione principale con riferimento al proprio immobile.
2) Due coniugi, il primo è proprietario esclusivo di un immobile sito in un Comune, accatastato come A/2; l’altro immobile, sito in un Comune diverso (oppure nello stesso Comune) di tipologia A/3, è in comproprietaria tra i due coniugi per una quota del 50%. Il primo ha stabilito la propria dimora abituale e residenza anagrafica nell’immobile di esclusiva proprietà; il secondo, invece, ha stabilito la residenza e dimora nell’altro immobile che possiede al 50%. In ragione della disciplina IMU risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale:
- il primo coniuge ha diritto a fruire dell’esenzione IMU per l’abitazione principale con riferimento all’immobile in proprietà esclusiva, mentre dovrà versare l’IMU con riferimento alla quota dell’altro immobile ove non sussistono i requisiti della dimora abituale e residenza anagrafica;
- il secondo coniuge fruisce dell’esenzione IMU per l’abitazione principale con riferimento alla quota dell’immobile di cui è comproprietario.
3) Due coniugi sono proprietari ciascuno di un immobile accatastato come A/2 nello stesso Comune oppure in Comuni diversi. Il primo coniuge ha stabilito la propria dimora abituale e residenza anagrafica nel suo immobile di proprietà. L’altro coniuge conserva la residenza anagrafica nell’immobile di proprietà ma vive abitualmente nell’altro insieme al coniuge. In tale ipotesi, anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 209/2022, rimane fermo che:
- il primo coniuge può fruire dell’esenzione IMU per l’abitazione principale in relazione all’immobile presso cui ha stabilito residenza e dimora abitualmente;
- l’altro coniuge deve versare l’IMU in relazione all’ immobile di proprietà, avendo stabilito la sola residenza e mancando il requisito della dimora abituale.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN