A chi non è mai capitato di ricevere una comunicazione in formato cartaceo da parte dell’Agenzia delle Entrate con il glifo in calce al foglio che invita a verificare la corrispondenza con il documento informatico originale? Ma cos’è il glifo? E a cosa serve questo particolare timbro digitale che si trova sugli atti della PA?
Nel linguaggio informatico, con il termine “glifo” o “timbro digitale”, si intende un particolare contrassegno generato elettronicamente costituito da un insieme di segni grafici, di diverso aspetto o realizzazione, con cui è possibile riprodurre un documento informatico allo scopo di renderlo leggibile attraverso l’impiego di specifici sistemi automatizzati.
Dal punto di vista tecnico, il contrassegno o glifo è costituito da un codice QR e da alcune informazioni tecniche, come la URL (uniform resource locator) del sito internet per accedere al servizio di verifica, il codice identificativo del documento ed il codice di verifica.
In taluni casi, il glifo può anche essere costituito dal solo codice grafico bidimensionale generato elettronicamente che può essere apposto in formato stampabile sulla copia analogica (cartacea) di un documento amministrativo informatico (tipico esempio è rappresentato dai contrassegni apposti a margine di biglietti aerei e ferroviari).
La funzione del glifo sugli atti della PA è quella di sostituire a tutti gli effetti la sottoscrizione autografa e consentire la verifica della corrispondenza della copia cartacea dell’atto ricevuto rispetto all’originale documento informatico.
Attraverso il contrassegno glifo, è possibile accedere al documento informatico originale, controllare la conformità del contenuto rispetto alla sua riproduzione cartacea e verificare l’esistenza di firme, marche temporali o numeri di protocollo.
Ai fini della validità del procedimento di notifica, la copia cartacea di un documento “glifato” è tale da soddisfare i requisiti di attestazione di conformità all’originale documento informatico che riproduce.
Sempre più spesso infatti, i documenti emessi dalla PA non sono documenti cartacei, firmati dal funzionario che li emette con la sua firma autografa, ma vengono prodotti in modalità informatica, firmati sempre in modalità informatica e fatti recapitare al destinatario tramite posta elettronica certificata.
Se il documento digitale è indirizzato ad un contribuente al quale non può essere recapitato via posta elettronica certificata, gli viene inviata una copia cartacea del documento sulla quale è stampato un contrassegno elettronico, il glifo appunto, tramite il quale è possibile verificare on line la conformità con il documento originale. Un tipico esempio è costituito dagli “avvisi bonari” in forma cartacea che l’Agenzia delle Entrate invia ai contribuenti non raggiungibili via pec.
Per visualizzare il documento originale e verificare la conformità con la copia ricevuta, occorre collegarsi al sito web della PA emittente (per verificare i documenti emessi dall’Agenzia delle Entrate ad esempio occorre cliccare qui) ed inserire l’identificativo del documento, il codice di verifica del documento (il CVD) ed il codice captcha che compare nell’apposito riquadro (il codice captcha è un tipo di misura di sicurezza nota come autenticazione challenge/response che protegge dallo spam e dalla decriptazione delle password chiedendo agli utenti di superare un semplice test che prova che l’utente è una persona e non un computer che sta tentando di violare un account).
In alternativa, occorre leggere il QR Code contenuto nel documento cartaceo, con un qualsiasi dispositivo elettronico (smartphone o tablet) ed inserire il codice captcha che compare nell’apposito riquadro ed il codice di verifica del documento (il CVD).
Sebbene i documenti cosiddetti “glifati” presentino alcune criticità laddove la legge prescriva la produzione o l’allegazione di atti in originale o in copia autentica o una verifica giuridicamente significativa, la possibilità di avere subito a disposizione il documento informatico sul sito web della PA emittente, risponde abbastanza bene a semplici esigenze di comodità, in particolar modo quando la copia del documento cartaceo in nostro possesso è poco leggibile o incompleto.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN