Come conseguenza della pandemia è tornato alla ribalta un fenomeno finora dormiente: il quiet quitting. Si tratta di un sempre più diffuso senso di frustrazione collegato al lavoro che spinge a ridimensionare la cultura del sacrificio per cercare un migliore equilibrio tra vita privata e impiego.
Bisogna specificare che questo fenomeno non è una novità, ma con la pandemia ha ripreso forza tra i lavoratori, che ora intendono ridefinire le proprie priorità e soprattutto il rapporto con il lavoro.
Come si ripercuote tutto questo sulle imprese? Di sicuro è fondamentale andare incontro alle esigenze che manifestano i lavoratori.
La leadership aziendale deve, ora più che mai, coniugare gli obiettivi di business con le necessità dei dipendenti e questo può, fortunatamente, avvenire in diverse forme.
Uno dei modi per coltivare il benessere dei dipendenti è la formazione, un aspetto fondamentale sia per le aziende, che hanno l’esigenza di una forza lavoro pronta ad adeguarsi a un mercato in continua evoluzione, sia per i dipendenti, che considerano molto importante ricevere sul posto di lavoro opportunità di crescita professionale e di miglioramento delle competenze.
In un mercato del lavoro sempre più aperto e globalizzato, la conoscenza della lingua inglese si conferma ancora una volta una risorsa irrinunciabile. L’azienda che fornisce formazione sulla lingua inglese risulta, quindi, molto appetibile agli occhi del lavoratore, che la considera un benefit aziendale molto valido.
Certo è che tale percorso di formazione non può essere erogato con modalità tradizionali, ovvero con lezioni frontali e studio casalingo, ma attraverso un approccio pratico, in modo da assicurare una buona spendibilità nella vita professionale di tutti i giorni.
In sostanza possiamo dire che il paradigma lavorativo tradizionale sta rapidamente cambiando: se fino a poco tempo fa il “lavoro duro” era un valore sacro, tanto da venire accettato anche senza un corrispettivo di crescita interna o compenso economico, oggi, al contrario, si dà più valore ai risultati, all’impegno, alla proattività e a tanti altri aspetti che toccano direttamente la sfera personale del lavoratore.
Di conseguenza anche la figura del manager sta cambiando: sempre più presta attenzione non solo alle performance ma anche allo stato psico-fisico-emozionale dei componenti del proprio team, incentivando la crescita personale e professionale di questi ultimi tramite stimoli di alta qualità.
Alice Zaccaron – C&G Capital