Con la proposta di Direttiva 2021/0050, approvata dal Parlamento europeo lo scorso 30 marzo 2023, gli stati membri avranno tre anni di tempo dalla data di entrata in vigore delle disposizioni stesse per adeguarsi. La normativa è volta a contrastare il persistere di un’applicazione inadeguata del diritto fondamentale alla parità retributiva e a garantire il rispetto di tale diritto in tutta l’Unione Europea, stabilendo norme in materia di trasparenza retributiva per consentire ai lavoratori di rivendicare il loro diritto alla parità retributiva.
La proposta di Direttiva si basa sull’articolo 157 del Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE), che prevede che l’UE adotti misure volte ad assicurare l’applicazione del principio “delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore”.
Campo di applicazione
La Direttiva è applicabile:
- ai datori di lavoro del settore pubblico e privato;
- e a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia.
Misure da adottare
In attuazione della Direttiva, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie per garantire che i datori di lavoro dispongano di strutture retributive che assicurino parità di retribuzione tra donne e uomini per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
Gli strumenti o le metodologie previste da ciascuno Stato membro devono consentire la valutazione, in relazione al valore del lavoro, delle situazioni analoghe in cui si trovano i lavoratori, sulla base di criteri oggettivi che includono i requisiti professionali e in materia di istruzione e formazione, le competenze, l’impegno e le responsabilità, il lavoro svolto e la natura dei compiti assegnati. Non possono includere criteri basati, direttamente o indirettamente, sul sesso dei lavoratori, né si basano su tali criteri.
Trasparenza retributiva
Con riferimento alla trasparenza retributiva, la Direttiva stabilisce espressamente che i candidati ad un posto di lavoro hanno il diritto di ricevere dal potenziale datore di lavoro informazioni sul livello retributivo iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo di genere. Tali informazioni devono essere indicate nell’avviso di posto vacante pubblicato o altrimenti fornite al candidato prima del colloquio di lavoro, senza che egli debba richiederle.
Il datore di lavoro non può chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite nei precedenti rapporti di lavoro.
Il datore di lavoro è inoltre tenuto a rendere facilmente accessibile ai propri lavoratori una descrizione dei criteri, neutri sotto il profilo del genere, utilizzati per determinare i livelli retributivi e l’avanzamento di carriera dei lavoratori.
Diritto dei lavoratori all’informazione
I lavoratori hanno il diritto di ricevere informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso e categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
Su richiesta del lavoratore, anche tramite i loro rappresentanti o un organismo per la parità, i datori di lavoro devono fornire le informazioni entro un periodo di tempo ragionevole.
I datori di lavoro possono esigere che ogni lavoratore che abbia ottenuto informazioni ai sensi della presente normativa non utilizzi tali dati per fini diversi dalla difesa del proprio diritto alla parità retributiva per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e non divulghi altrimenti le informazioni.
Obblighi del datore di lavoro
I datori di lavoro con almeno 250 lavoratori forniscono le seguenti informazioni relative alla loro organizzazione circa:
- il divario retributivo tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile;
- il divario retributivo tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile nelle componenti complementari o variabili;
- il divario retributivo mediano tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile;
- il divario retributivo mediano tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile nelle componenti complementari o variabili;
- la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che riceve componenti complementari o variabili;
- la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ogni quartile retributivo;
- il divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e lavoratori di sesso maschile per categorie di lavoratori ripartito in base allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili.
Il datore di lavoro è tenuto a pubblicare annualmente le informazioni sopra riportate sul proprio sito web in modo facilmente accessibile ovvero deve renderle pubblicamente disponibili in altra modalità. Anche le informazioni dei quattro anni precedenti, se disponibili, sono accessibili su richiesta.
Gli Stati membri dovranno adottare anche misure appropriate per garantire che i datori di lavoro con almeno 250 lavoratori effettuino, in cooperazione con i rappresentanti dei lavoratori, una valutazione congiunta delle retribuzioni qualora si verifichino entrambe le seguenti condizioni:
- le informazioni sulle retribuzioni rivelano una differenza del livello retributivo medio tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile pari ad almeno il 5 % in una qualsiasi categoria di lavoratori;
- il datore di lavoro non ha giustificato tale differenza di livello retributivo medio con fattori oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.
Se dalla valutazione congiunta delle retribuzioni emergono differenze di retribuzione media per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore che non possono essere giustificate da criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, il datore di lavoro pone rimedio alla situazione, in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l’Ispettorato del lavoro e/o l’organismo per la parità.
Apparato sanzionatorio
I Paesi membri dell’UE dovranno inoltre introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, ad esempio ammende, per i datori di lavoro che non rispettano le regole. Un lavoratore o una lavoratrice che abbia subito un danno a seguito di una violazione delle norme avrà il diritto di chiedere un risarcimento.
È infine sancita l’inversione dell’onere della prova. Pertanto, l’onere della prova è posto in capo al datore di lavoro il quale dovrà dimostrare che non c’è stata discriminazione.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato