Essere titolari di pensione di importo superiore a 30.000 euro annui, anche se esente da imposte in Italia, preclude l’accesso al regime forfettario. Questo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 311 del 3 maggio 2023.
Come noto, l’art. 1, co. 57, lettera d-ter) della Legge 190/2014 prevede che non possono avvalersi del regime forfettario i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del TUIR, eccedenti l’importo di 30.000 euro. Soglia irrilevante solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Nel caso di specie, un soggetto residente all’estero (in un paese UE) che intende aprire partita IVA per lo svolgimento di una nuova attività di lavoro autonomo, previo trasferimento della residenza fiscale in Italia, chiedeva un parere in merito alla sussistenza dei requisiti per avviare l’attività con partita IVA in regime agevolato forfettario.
Il dubbio dell’istante in ordine all’applicazione del regime forfettario per la nuova attività da avviare in Italia attiene al fatto che è titolare di una pensione di importo superiore a 30.000 euro riconosciuta per raggiunti limiti di età come ex dipendente della Commissione Europea.
Somme esenti da tassazione nazionale negli Stati membri dell’Unione Europea, in base a quanto disposto dall’articolo 12 del Protocollo n. 7 “sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea” allegato al Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). A suo giudizio, il fatto di percepire una pensione di vecchiaia esente da tassazione non costituisce un fattore ostativo alla fruizione del regime agevolato dei forfettari.
Di diverso parere è l’Agenzia delle Entrate.
Secondo l’amministrazione finanziaria, in base alla Legge 190/2014, sono esclusi dal beneficio in commento i titolari di redditi astrattamente riconducibili alla categoria dei redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui agli articoli 49 e 50 del TUIR, a prescindere dalla loro tassazione in Italia o dall’ammontare delle imposte corrisposte su tali redditi. Ciò che rileva ai fini dell’applicazione di tale causa di esclusione è, dunque, l’esistenza di simili redditi e il loro ammontare.
Alla luce di quanto riportato, non viene ritenuta condivisibile la soluzione prospettata dal contribuente, che dovrà aprire la sua partita IVA in Italia con il regime di tassazione Irpef ordinario.
Giovanni Fanni – Centro Studi CGN