Entra in vigore la Legge n. 49 del 21 aprile 2023 rubricata “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” che segna un importante traguardo da parte delle categorie professionali nei rapporti con gli operatori, che possono contare su una maggiore forza contrattuale per il riconoscimento del giusto compenso.
Con il termine “equo compenso” si intende un corrispettivo proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, conforme ai compensi previsti per:
- per gli avvocati (DM 147/2022);
- per i professionisti iscritti agli ordini e collegi (DM 140/2012);
- per i professionisti non iscritti a ordini o collegi di cui L. n. 4/2013.
I parametri verranno stabiliti da un decreto del ministero delle Imprese e del Made in Italy da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
L’importante riforma si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 C.C regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore:
- di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie;
- delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro;
- della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.
Tra gli aspetti più significativi della legge appena pubblicata si evidenzia la sanzione della nullità delle seguenti statuizioni relative a:
- le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata;
- i patti che vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongono l’anticipazione di spese o che attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto;
- la clausola che prevede termini di pagamento superiori a 60 giorni dal ricevimento della fattura.
La nullità riguarda le singole clausole senza che venga estesa all’intero contratto.
La legittimazione ad agire spetta al singolo professionista oppure ai consigli degli Ordini o dei collegi. Si prevede altresì la possibilità di avviare un’azione di classe. L’azione giudiziale prevede la rideterminazione del compenso in conformità ai parametri, ottenendo la condanna del cliente al pagamento della differenza tra il compenso “equo” e quello effettivamente corrisposto. In più, è prevista la possibilità che il giudice disponga il pagamento, da parte del cliente, di un ulteriore indennizzo a favore del professionista, che potrà arrivare fino al doppio della differenza tra il compenso pattuito e quello versato.
Potrebbe essere sanzionato anche il professionista che accetta un incarico contenente un compenso non equo: Ordini e collegi hanno la facoltà di adottare disposizioni deontologiche per sanzionare tale condotta.
Si prevede, infine, l’istituzione presso il ministero della Giustizia di un Osservatorio sull’equo compenso che avrà il compito di vigilare sull’applicazione e sul rispetto delle regole appena approvate.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN