In attesa di conoscere quali saranno le misure definitive di politica sociale che il Governo intende introdurre con la prossima Legge di Bilancio, qualche indicazione può essere fornita dal Documento programmatico di bilancio (DPB), da quel documento cioè, istituito da un Regolamento UE nel 2013, che riporta (anche) le valutazioni macroeconomiche e le azioni prioritarie del Governo nella manovra di finanza pubblica dell’anno successivo.
Il quadro generale sull’andamento della finanza pubblica tendenziale rappresentato nel DPB, nel tener conto del mutato contesto di riferimento rispetto al DEF, rivede al ribasso la crescita economica, di circa 2 decimi di punto percentuale nel 2023 e 5 decimi di punto percentuale nel 2024, con conseguente minore dinamicità nel profilo delle entrate.
In particolare, il gettito tributario a legislazione vigente è atteso salire nell’anno in corso fino al 29,3 per cento del PIL, per poi scendere nei tre anni successivi, fino a raggiungere, nelle stime del Governo, il 28,3 per cento nel 2026. I contributi sociali, invece, in rapporto al PIL si stima scenderanno al 13,1 per cento nell’anno in corso, per poi mantenersi sostanzialmente stabili su un livello medio pari al 13,6 per cento nei tre anni successivi.
Le dinamiche inflazionistiche esercitano naturalmente rilevanti effetti sulla spesa pubblica, nell’anno in corso e nel 2024, principalmente per effetto dell’indicizzazione delle pensioni all’inflazione dell’anno precedente, misurata con l’indice dei prezzi al consumo.
Il quadro macroeconomico ipotizzato nel DPB vede un rallentamento della crescita dei prezzi a partire dal 2024. Coerentemente, la spesa per prestazioni sociali basata sullo scenario a legislazione vigente aumenterà del 5,9 per cento nel 2024 e assumerà un ritmo di crescita più contenuto, del 2,5 per cento in media all’anno, nel biennio 2025-2026; nello stesso periodo la crescita delle pensioni è del 7,3 per cento nel 2024 e, successivamente, si attesterà su un tasso medio del 3,0 per cento nel biennio 2025-2026. A fronte di tale andamento, le prestazioni sociali in denaro in rapporto al PIL raggiungeranno un valore massimo del 21,1 per cento nel 2024, per poi scendere al 20,7 per cento nel 2026.
Sulla base di questi scenari di portata generale, il Governo afferma nel documento in parola che la politica di bilancio sarà finalizzata a contemperare crescita e sostenibilità, e che “i principali interventi sono indirizzati alla riduzione della pressione fiscale, al sostegno della genitorialità e al rafforzamento del sistema sanitario nazionale”. Le pensioni, quindi, saranno le illustri assenti dalla manovra di bilancio. Nessuna rivisitazione, quindi, della più volte criticata “Riforma Fornero”; nessun ampliamento delle ipotesi di “flessibilità in uscita” oggi previste; nessun intervento strutturale rispetto alle sperimentali “Quota 100, 102 e 103”.
In attesa di valutare le misure complessive di politica sociale che il Governo porrà in essere con la prossima Legge di Bilancio, nel Documento programmatico sono tuttavia espressamente citati, e pertanto dati per certi, alcuni interventi, il primo dei quali è l’anticipo al 2023 dell’adeguamento all’inflazione dei trattamenti pensionistici, altrimenti applicato dal 1° gennaio 2024.
Altro intervento degno di interesse è la conferma, anche per il prossimo anno, delle misure di riduzione del cuneo fiscale attraverso un esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti, in misura crescente al diminuire della retribuzione mensile imponibile. Intervento potenziato per le donne con figli, a conferma della volontà di favorire in diversi modi il tema della genitorialità. Tema per il quale, le risorse stanziate “si incrementano di circa un 1.000 milioni nel 2024 e di 600 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025, per finanziare, in particolare, misure di decontribuzione in favore delle madri lavoratrici e per potenziare strumenti di sostegno al reddito e alla conciliazione vita-lavoro già esistenti”.
Resta da capire se interventi di tal fatta, dal sapore contingente e non strutturale, siano sufficienti a contrastare seriamente il fenomeno della denatalità al quale assiste, quasi inerte, il Paese.
Antonio Licchetta – Responsabile Politiche sociali e Previdenza CNA Nazionale