Cosa fare (e non fare) per diventare Società Benefit

Il nostro Paese sta maturando una crescente familiarità col modello societario Benefit.
I numeri testimoniano un fenomeno in grande crescita (+907% dal 2018 al 2023) che ha conosciuto un’accelerazione soprattutto nell’ultimo biennio con un +86%. Al 31 dicembre 2021 c’erano infatti 1.697 Società Benefit, che sono diventate 3.642 alla fine del 2023 (fonte: Assobenefit).

Le Società Benefit (introdotte con la L. 208/2015) sono imprese profit che incorporano in Statuto obiettivi di sostenibilità (nelle diverse dimensioni di governance, sociale o ambientale) assumendosi l’impegno di perseguirli in armonia con lo scopo utilitaristico.

Gli obblighi per la costituzione o trasformazione in Società Benefit sono due:

  1. La modifica statutaria attraverso l’incorporazione degli obiettivi di beneficio comune;
  2. La redazione di una relazione annuale, da allegare al bilancio societario, che include l’impegno profuso rispetto agli obiettivi di beneficio comune e una valutazione generale d’impatto.

Società Benefit: punto di partenza, non di arrivo

Rispetto ai “bollini” di certificazione sulla sostenibilità, lo status di Società Benefit non prevede l’acquisizione di un attestato a seguito di audit di terze parti. Non si tratta di un intervento che richiede l’impostazione di un sistema in conformità a norme tecniche e che deve essere vagliato da un ente indipendente.

Se interpretato correttamente, il modello Benefit non rappresenta solamente un traguardo da raggiungere e da mantenere, seppur con un approccio al miglioramento continuo, come avviene nei sistemi di gestione certificati. Il modello Benefit è invece un punto di partenza.

Per l’impesa significa assumere pubblicamente un impegno in termini di sostenibilità da implementare progressivamente e da rendere trasparente attraverso rendicontazioni annuali.

Finalità di beneficio comune: il cuore delle Società Benefit

Le finalità di beneficio comune rappresentano il cuore pulsante della Società Benefit, cioè gli obiettivi attorno a cui definire la strategia di sostenibilità. Devono perdurare nel tempo ed essere sufficientemente chiare e concrete da consentirne la valutazione e misurazione.

No quindi a claim troppo generici, come “la SB si impegna a tutelare l’ambiente e la biosfera”. Ma da evitare anche gli obiettivi troppo specifici, magari legati a sistemi, tecnologie e strumenti di cui non possiamo prevedere la longevità. Esempio da non imitare: “la SB intende perseguire obiettivi di riduzione degli impatti ambientali attraverso l’autoproduzione energetica da fotovoltaico”. Non sappiamo, infatti, quanto le tecnologie fotovoltaiche resisteranno sul mercato.

Indicatori di misurazione: uno step necessario

La domanda spontanea allora potrebbe essere: “Come può un’impresa misurare le finalità di beneficio comune?”. Nell’identificare le finalità di beneficio comune, il consiglio è quello di identificare parallelamente il sistema di indicatori di misurazione (quantitativi o qualitativi) da utilizzare per misurarle.

Per esempio, un’azienda impegnata ad aumentare il benessere del personale, potrebbe iniziare a misurare:

  • il valore dei benefit erogati
  • l’esito di analisi di clima aziendale periodiche
  • la misurazione di indicatori di turnover o salute sul luogo di lavoro

Questi possono essere un buon punto di partenza per monitorare lo status quo e definire obiettivi di miglioramento. Senza questa attenzione, si rischia di incorporare in Statuto finalità ambigue e difficilmente rendicontabili.

Società Benefit: coerenza con il modello di business

Pur non essendoci vincoli a riguardo, il consiglio è quello di prediligere finalità di beneficio comune ancorate al modello del valore dell’impresa.

Per esempio, un’azienda manifatturiera potrebbe ragionare su obiettivi ambientali di efficientamento dei processi e di impatto ambientale dei prodotti, su piani di welfare e misure di sicurezza per i collaboratori, così come su partnership (centri di ricerca, scuole, Università) per creare sinergie virtuose di territorio finalizzate all’innovazione di prodotto e processo.

Da evitare quindi obiettivi filantropici generici o, comunque, scollegati dalla peculiarità del proprio modello di business.

Valutazione d’impatto: il tassello finale

Ogni anno le Società Benefit devono redigere una relazione, da allegare al bilancio, che riassume l’impegno degli amministratori nel contemperare obiettivi economici alle finalità di beneficio comune.

Per ciascuna finalità, l’azienda deve dimostrare:

  • i risultati raggiunti
  • le eventuali cause ostative
  • gli obiettivi prefissati per il periodo successivo

La norma, però, esige anche la valutazione dell’impatto generato utilizzando uno standard di valutazione esterno (L. 208/2015, art. 1, comma 382 b). La Società Benefit, insomma, deve dimostrare quanto è sostenibile “in generale”.

C’è massima libertà nella scelta dello standard da utilizzare, purché questo sia esauriente, credibile, trasparente e affronti i seguenti temi:

  • governo d’impresa
  • lavoratori
  • ambiente
  • altri portatori d’interesse

Andrea De Colle – Centro Studi CGN