La tassazione della plusvalenza realizzata a seguito di cessione marchio in caso di concordato preventivo

Quali sono le implicazioni fiscali della plusvalenza realizzata dalla cessione di un marchio d’impresa durante una procedura di concordato preventivo? A chiarire è l’Agenzia delle Entrate in risposta all’interpello n. 27 pubblicato sul proprio sito istituzionale lo scorso 31 gennaio 2024.

L’istanza di interpello presentata da una società solleva dubbi sul corretto trattamento fiscale della plusvalenza realizzata dalla cessione di un marchio, ponendo l’accento sulla sua natura straordinaria e all’eventuale rilevanza ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Attraverso un’analisi dettagliata della normativa vigente, delle precedenti interpretazioni e dalle disposizioni relative a IRAP e IRES, la risposta dell’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulle modalità di tassazione della plusvalenza nel caso di una procedura di concordato preventivo. Vediamo in sintesi i chiarimenti forniti dall’Agenzia.

La plusvalenza realizzata dalla cessione di un marchio d’impresa durante una procedura di concordato preventivo può avere implicazioni fiscali rilevanti, in particolare per quanto riguarda l’applicazione dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive.

Ai fini di tale imposta, la plusvalenza realizzata è imponibile ai fini IRAP secondo le regole ordinarie, dal momento che in ambito IRAP non sono previste specifiche disposizioni per la determinazione del valore della produzione in relazione a operazioni realizzate in attuazione di un concordato preventivo.

Nell’interpello, la società ha riferito che nell’ambito della procedura di concordato preventivo, il liquidatore giudiziale ha ceduto un marchio detenuto in proprietà, realizzando una significativa plusvalenza rispetto al valore iscritto nel libro dei beni ammortizzabili e nei conti sociali, dovuto al fatto che il marchio oggetto di cessione è un marchio molto noto nel settore in cui la società opera.

Nella risposta all’interpello, l’Agenzia chiarisce che il principio generale che sorregge il sistema dell’IRAP, è quello della “presa diretta da bilancio” delle voci espressamente individuate e considerate rilevanti ai fini impositivi, senza il riconoscimento delle variazioni fiscali effettuate ai fini delle imposte sul reddito come avveniva in passato attraverso l’articolo 11 bis (abrogato dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244) del decreto IRAP.

Allo stato attuale, quindi, le modalità di calcolo del tributo sono più aderenti ai criteri adottati in sede di redazione del bilancio di esercizio. Nella risposta fornita, l’Agenzia delle Entrate suggerisce la consultazione delle circolari n. 26/E del 20 giugno 2012, n. 27/E del 26 maggio 2009, n. 36/E del 16 luglio 2009 e n. 39/E del 22 luglio 2009.

Più in particolare, in riferimento ai marchi d’impresa oggetto del caso, l’articolo 5, comma 3, ultimo periodo del decreto legislativo 446 del 15 dicembre 1997 (decreto IRAP)  riconosce espressamente la rilevanza ai fini del tributo regionale dei costi d’acquisto, stabilendo che sono comunque ammesse in deduzione quote di ammortamento del costo sostenuto per l’acquisizione di marchi d’impresa e a titolo di avviamento in misura non superiore a un diciottesimo del costo indipendentemente dall’imputazione al conto economico.

Per quanto concerne invece la determinazione della base imponibile IRES, per espressa previsione legislativa, la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non comporta il realizzo di eventuali plusvalenze o minusvalenze.

Ai sensi dell’articolo 88, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.) tale plusvalenza non rileva al fine del calcolo della base imponibile IRES.

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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