Una delle maggiori sfide che le PMI dovranno affrontare non è rappresentata da un requisito normativo, per quanto complesso questo possa essere, ma dalla capacità di affrontare un cambiamento radicale che con diverse velocità sta influenzando tutti i settori.
La sostenibilità come strategia d’impresa
La dimensione della sostenibilità è già entrata nelle catene di fornitura delle imprese di media e grande dimensione che hanno avviato un percorso di crescita sostenibile.
Le imprese hanno capito che ”essere sostenibili” non può tradursi solo in piccole azioni isolate come acquistare dei certificati di compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra, fare delle iniziative di welfare aziendale oppure dotarsi di un Codice Etico.
La sostenibilità deve integrarsi nella strategia dell’impresa ed entrare all’interno del business model dell’impresa e, ancor più profondamente, in tutti i processi e le attività aziendali. Per questo è necessario guardare all’intera catena del valore dell’impresa e in particolare alla catena di fornitura.
La visione ampia: catena di fornitura e rischio di sostenibilità
Un’impresa può essere sostenibile solo se anche i suoi fornitori e i suoi stakeholder condividono la stessa visione e gli stessi valori.
Molte imprese verificano sistematicamente il posizionamento dei propri fornitori rispetto ad alcune variabili ESG ritenute strategiche per il proprio percorso di crescita sostenibile.
Ne citiamo alcune:
- La presenza di certificazioni ambientali o sociali
- Il livello delle emissioni di gas inquinanti ad effetto serra (Scope 1, Scope 2, Scope 3);
- La produzione e gestione dei rifiuti;
- L’utilizzo delle risorse idriche;
- La Gender Diversity;
- La formazione;
- La presenza di policy e modelli di rendicontazione della sostenibilità.
I dati vengono raccolti mediante l’utilizzo di questionari che vengono compilati direttamente dal fornitore, anche con l’ausilio di alcune piattaforme di società terze, o attraverso degli audit nella catena di fornitura effettuati da soggetti esterni all’impresa. Il risultato di queste attività di misurazione è evidente, ossia quello di classificare i fornitori secondo alcune dimensioni del rischio e della performance di sostenibilità.
Un’altra chiave di lettura può essere legata al concetto di rischio di sostenibilità, che oggi è divenuto il vero concetto che sintetizza la performance ESG dell’impresa. Un’impresa sostenibile deve assicurare la sostenibilità dei propri beni o servizi, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista sociale, altrimenti l’impresa si espone ad un rischio reputazionale in grado di generare degli impatti significativi sul proprio posizionamento di mercato.
In questo contesto il fornitore (soprattutto se è di piccole dimensioni) che non sarà in grado di rimanere al passo con il cammino di sostenibilità tracciato dall’impresa cliente, corre un grosso rischio: quello di rinunciare alla posizione acquisita nel tempo per lasciarla ad altri concorrenti che possono fornire un contributo maggiore alla sostenibilità dell’impresa cliente o che possono rappresentare un minor rischio di sostenibilità.
Cambi normativi in atto: le tre prospettive
Alla svolta sostenibile di molte filiere produttive si aggiungono diversi interventi normativi sempre più rivolti ad appaiare il concetto di supply chain con il rischio di sostenibilità. Il cambiamento del contesto normativo svolge un ruolo cruciale e tocca direttamente le PMI da tre prospettive diverse.
- La prima, la CSDDD – Corporate Sustainability Due Diligence Directive – che imporrà alle imprese di dotarsi di adeguati strumenti per identificare, monitorare e valutare i fattori di rischio ambientale e sociale (compreso il grande tema dei diritti umani) riconducibili allo svolgimento di tutte le attività ricomprese nelle supply chain delle imprese.
- La seconda, legata alle spinte di alcuni governi nazionali come Francia, Germania e Olanda che hanno già introdotto la responsabilità civile per i danni cagionati in assenza di un adeguato sistema di misurazione e prevenzione del rischio di sostenibilità nella supply chain.
- Infine la Direttiva CSRD – Corporate Sustainability Reporting Directive – che chiederà alla imprese di “grande” dimensione di includere nella rendicontazione di sostenibilità “una descrizione dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore, compresi i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura” (art. 19-bis, co. 1 lettera f) punto i), Direttiva 2013/34/UE).
Perché definire una strategia di sostenibilità
E allora, cosa può fare una PMI per cercare di governare il cambiamento nell’ottica della massimizzazione del valore?
Se la sostenibilità è diventata un pilastro fondamentale della strategia di tutte le imprese, le PMI sono chiamate ad avviare un percorso consapevole e “sostenibile” di crescita che inizi dalla definizione di una strategia di sostenibilità chiara e di medio-lungo termine, in grado di garantire una crescita e un miglioramento della performance ESG.
È necessario definire una strategia di sostenibilità coerente con il proprio settore e con le caratteristiche dell’impresa. Ma non basta: deve essere supportata da un sistema di misurazione e controllo della performance e del rischio di sostenibilità di tutta la catena del valore, in grado di presidiare i fattori più importanti per la crescita sostenibile dell’impresa.
In questo contesto la sostenibilità non può tradursi solo nelle attività di comunicazione (es. Report di Sostenibilità), ma deve diventare una parte integrante del modello di business dell’impresa, un elemento centrale di tutte le attività e dei processi che contribuiscono, e che hanno contribuito, alla creazione del vantaggio competitivo dell’impresa.
Giulio Corazza – Centro Studi CGN
Ricercatore di Economia Aziendale, Università degli Studi di Udine