Flat tax incrementale 2023: il calcolo degli acconti per il 2024

Il periodo d’imposta 2023 è stato l’anno della flat tax incrementale che si è sostanziata in un’imposta sostitutiva al 15% sulla quota di reddito d’impresa o di lavoro autonomo maturata nel 2023 in eccedenza rispetto al più elevato tra quelli del triennio precedente. In prospettiva del termine per il versamento del secondo acconto fissato al 2 dicembre prossimo (salvo rateazioni in arrivo), nella determinazione degli acconti dovuti ai fini dell’IRPEF e delle relative addizionali per il periodo d’imposta 2024 si deve assumere, quale imposta del periodo precedente quella che si sarebbe determinata se la flat tax non si fosse applicata (art. 1 co. 57 della L. 197/2022).

La normativa era stata istituita all’art. 1, commi 55-57, L. n. 197 del 29 dicembre 2022 (c.d. legge di bilancio per il 2023) che ne ha disciplinato i contenuti. Rispetto agli aspetti salienti, si evidenzia che hanno potuto optare per l’applicazione della flat tax incrementale i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, a condizione che non applicassero il regime forfetario, di cui alla L. 190/2014.

L’imposta ad aliquota fissa del 15%, sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionale e comunale, si applicava sulla differenza tra:

  • il reddito d’impresa e di lavoro autonomo professionale dichiarati nel 2023;
  • i medesimi redditi d’importo più elevato dichiarati negli anni dal 2020 al 2022.

La base imponibile così calcolata non poteva essere di importo superiore a 40.000,00 euro.

Da un punto di vista operativo, si rendeva necessario:

  • effettuare la differenza tra il reddito del 2023 e quello più alto del triennio precedente;
  • applicare alla predetta differenza la franchigia del 5%, calcolata sul reddito più alto del triennio 2020-2022.

Sul reddito così determinato, nel limite massimo di 40.000,00 euro, si applicava l’aliquota del 15%.

L’ulteriore quota di reddito, non soggetta a imposta sostitutiva, confluiva nel reddito complessivo e si rendeva applicabile la tassazione progressiva ai fini IRPEF, secondo gli ordinari scaglioni di reddito, e le relative addizionali.
Ai fini della progressività, non si considerava la parte di reddito assoggettata alla flat tax incrementale (art. 3 co. 3 lett. a) del TUIR).

Rimane in ogni caso applicabile il c.d. criterio previsionale. Gli acconti d’imposta, infatti, costituendo una riscossione anticipata dei tributi relativi al periodo d’imposta in corso, possono essere oggetto di riduzione da parte del contribuente che si ritrova per il 2024 in una delle seguenti situazioni esemplificative:

  • prevede un reddito inferiore a quello dichiarato precedentemente o una base imponibile inferiore rispetto al 2023;
  • si sono verificati maggiori oneri deducibili o detraibili oppure si beneficia di crediti d’imposta.

E’ il caso di sottolineare che il metodo previsionale si presta a maggiori rischi in quanto non è sufficiente tenere conto esclusivamente delle disposizioni che comportano un vantaggio per il contribuente, in quanto si rende anche necessario considerare le novità che si presentano sfavorevoli per lo stesso contribuente. Tenendo conto degli aspetti favorevoli e sfavorevoli, laddove se ne preveda il vantaggio netto, Il contribuente può ridurre, anche fino ad annullare, il versamento degli acconti per il periodo d’imposta 2024.

Applicando le novità per il periodo d’imposta 2024 da tener conto ai fini dell’autoriduzione degli acconti, per evitare sanzioni, in caso di applicazione del metodo previsionale, l’acconto deve essere pari almeno al 100% dell’IRPEF relative ai redditi del 2024, da dichiarare nel 2025.

In caso di versamenti omessi o carenti, dal 1° settembre 2024 la sanzione amministrativa è passata dal 30 al 25%. E’ altresì possibile avvalersi del ravvedimento operoso con le riduzioni che potranno alleggerire notevolmente il peso della sanzione.

 

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN