La Cassazione si pronuncia sulla deduzione dei costi per le sponsorizzazioni

E’ indeducibile il costo e indetraibile l’imposta sul valore aggiunto se le sponsorizzazioni sono effettuate solamente per consentire alla controparte la deduzione dei costi e la detrazione dell’IVA sulla fattura. E’ questo il parere della Corte di Cassazione che con l’ordinanza n. 26321 del 9 ottobre 2024 si pronuncia sulla deduzione fiscale dei costi sostenuti per la sponsorizzazione di un’associazione sportiva dilettantistica e la detrazione dell’IVA.

Il caso nasce a seguito di una notifica di un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione un determinato costo dichiarato come sostenuto per la sponsorizzazione di un’associazione sportiva dilettantistica.

Contro l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso contestando il difetto di motivazione dell’atto impugnato e la violazione del suo diritto di difesa per non essere stato allegato all’avviso di accertamento il processo verbale di constatazione, la nullità dell’atto impositivo perché sottoscritto da soggetto non appartenente alla carriera direttiva e privo di delega e l’effettiva esistenza dell’operazione sottostante alla fattura emessa dall’associazione sportiva.

La Commissione tributaria Provinciale rigettava il ricorso del contribuente, contro la quale il contribuente proponeva l’appello che veniva anch’esso rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale.

Per il contribuente, i giudici di entrambi i gradi di merito non avrebbero adeguatamente valutato le circostanze gravi, precise e concordanti evidenziate nei propri ricorsi in primo grado e in appello, quali l’effettiva necessità del contribuente di pubblicizzare la propria attività alberghiera, la convenienza dell’operazione in relazione all’ubicazione della struttura alberghiera, la congruità dell’esborso della somma rispetto al volume d’affari prodotto e la legittimità del pagamento in contanti della somma rispetto alla normativa all’epoca vigente.

Si arriva quindi in Cassazione, dove il ricorso viene affidato a tre motivi: 1) censura relativa al difetto di valida delega in favore del funzionario che aveva sottoscritto l’atto impositivo; 2) il processo verbale di constatazione non era stato allegato all’avviso di accertamento e non era stato neppure riprodotto il contenuto; 3) i giudici di entrambi i gradi di merito non avrebbero valutato le circostanze gravi, precise e concordanti evidenziate dal contribuente.

Per quanto attiene al primo motivo del ricorso, la censura relativa al difetto di delega, i giudici della Suprema Corte ritengono il ricorso infondato, in quanto la delega ha natura di delega di firma e non di funzioni, dal momento che realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante.

Per quanto attiene al secondo motivo del ricorso, la nullità dell’atto impositivo perché il processo verbale di constatazione non era stato allegato all’avviso di accertamento, i giudici lo hanno ritenuto infondato perché ai fini della validità dell’avviso di accertamento, nel processo tributario non rileva l’omessa allegazione di un documento.

In sintesi, l’obbligo legale di motivazione degli atti tributari può essere assolto tramite il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato o che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale.

In merito al terzo motivo del ricorso, e cioè l’esistenza effettiva dell’operazione di sponsorizzazione, i giudici lo ritengono inammissibile perché la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 del codice civile si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma.

La presenza di un contratto generico per prestazioni a fronte di un contributo economico ricevuto, la sproporzione tra i compensi pattuiti, l’assenza di dichiarazione dei redditi e il mancato versamento delle imposte da parte dell’associazione sportiva, insieme a movimenti in uscita corrispondenti ai versamenti del contribuente nei giorni successivi, fanno ritenere l’operazione di sponsorizzazione fittizia, con il conseguente recupero dei costi dedotti e della detrazione IVA.

 

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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