Con la circolare n. 21/E dello scorso 7 novembre 2024, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito all’esercizio del potere di autotutela tributaria, alla luce della nuova disciplina dell’istituto di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212 e del D.Lgs 30 dicembre 2023 n. 219.
In buona sostanza, a seguito delle novità introdotte con gli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto del Contribuente, la nuova disciplina riforma l’istituto dell’autotutela tributaria, distinguendo l’autotutela in autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa.
Per quanto riguarda l’autotutela obbligatoria, il nuovo articolo 10-quater dello Statuto del contribuente prevede l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di annullare, in tutto o in parte, anche senza istanza del contribuente, gli atti di imposizione anche in pendenza di giudizio o in presenza di atti definitivi, laddove sussistano casi di manifesta illegittimità dell’atto e ricorra uno dei vizi previsti dal primo comma della richiamata disposizione.
I vizi contemplati dalla norma includono diverse tipologie di errore: di calcolo, di persona, nell’identificazione del tributo, o materiali facilmente riconoscibili dall’Amministrazione Finanziaria. Rientrano tra questi anche errori relativi al presupposto dell’imposta, omissioni nel considerare pagamenti già effettuati, e l’assenza di documentazione, purché quest’ultima sia stata successivamente integrata entro i termini previsti per evitare la decadenza.
L’obbligo di autotutela non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.
L’autotutela facoltativa è regolata dal nuovo articolo 10-quinquies dello Statuto del Contribuente, che consente all’Amministrazione finanziaria di annullare, in tutto o in parte, un atto impositivo anche in assenza di una richiesta da parte del contribuente. Questo può avvenire quando si riscontri una illegittimità o infondatezza dell’atto o della relativa imposizione, anche se l’atto è definitivo o vi è un giudizio in corso, purché l’illegittimità non sia manifesta e non rientri tra i vizi espressamente indicati nel primo comma dell’articolo 10-quater.
A chi va indirizzata l’istanza di autotutela tributaria?
La richiesta di autotutela va indirizzata all’Ufficio che ha emesso l’atto di cui si chiede l’annullamento. L’istanza deve rappresentare in modo esaustivo tutti gli elementi su cui si fonda la richiesta di autotutela e va corredata di tutta la documentazione. Per la presentazione ci si deve avvalere di strumenti atti a certificare l’invio da parte del soggetto legittimato tramite l’utilizzo dei servizi telematici SPID, CIE o CNS oppure via posta elettronica certificata o in alternativa consegnando l’istanza a mano allo sportello.
Come si svolge la fase istruttoria?
L’Ufficio competente, una volta ricevuta la richiesta di autotutela, avvia prontamente la fase dell’istruttoria al fine di poter garantire una collaborazione trasparente e completa con il contribuente. Se necessario, l’Ufficio può richiedere ulteriori informazioni, elementi o documenti utili per un’analisi accurata della questione.
L’Ufficio quindi, esamina con attenzione gli elementi forniti dal contribuente, insieme a quelli già disponibili o eventualmente accertati in sede giurisdizionale, effettuando le necessarie verifiche. L’obiettivo è accertare, tramite gli opportuni riscontri documentali, che la richiesta di autotutela non riguardi atti emessi da altri Uffici e non collegati a quelli indicati nella richiesta stessa.
A questo punto, nel momento in cui l’Ufficio emette un provvedimento di accoglimento o di diniego, fornisce una motivazione chiara basata sui fatti e sul diritto, analizzando sia gli elementi a sua disposizione sia la documentazione presentata dal contribuente.
Il provvedimento finale del procedimento amministrativo viene notificato al domicilio digitale indicato nella richiesta di autotutela. In alternativa, se specificato, viene inviato al domicilio digitale del professionista delegato, oppure, in mancanza di tali indicazioni, al domicilio fiscale registrato nell’anagrafe tributaria.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN