Nessuna fattura per le spese di lite in assenza di rapporto sostanziale

Se non esiste alcun rapporto sostanziale tra il difensore della parte vincente e la parte soccombente in un processo, il difensore della parte vincente non è tenuto a rilasciare alcuna fattura per le spese di lite.

Lo afferma la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25578 dello scorso 24 settembre 2024 chiamata a pronunciarsi su un caso riguardante un avvocato che conveniva in giudizio un soggetto, sostenendo l’inadempimento di quest’ultimo all’obbligo di emettere una quietanza o una fattura relativa al pagamento delle spese processuali (art. 1199 del Codice Civile).

In particolare, l’avvocato ricorrente lamentava la difficoltà di detrarre fiscalmente l’importo versato per l’IVA e IRPEF e chiedeva un risarcimento di 500 euro. In buona sostanza, il professionista aveva proposto ricorso in Corte di Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel determinare il valore della causa, il quale sarebbe stato superiore ai 500 euro riconosciuti.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile, e ha confermato un principio importante per le cause di valore contenuto: per le controversie di importo inferiore a 1.100 euro, come quella in oggetto, è possibile applicare il giudizio di equità.

E’ utile ricordare che nell’ambito processuale, l’equità assume il valore di criterio di giudizio in base al quale il giudice nel decidere una controversia, fa ricorso a criteri di convenienza e di comparazione degli interessi delle parti, a prescindere dall’applicazione di una norma giuridica.

Questo significa che, per le cause di valore modesto, il giudice può decidere basandosi su un principio di ragionevolezza e di equità, senza dovere applicare strettamente tutte le formalità e i dettagli previsti dalle norme. In altre parole, ciò consente al giudice di valutare il caso in modo più flessibile e semplificato, arrivando a una decisione che tenga conto soprattutto del buon senso e dell’equità, piuttosto che di tutti i dettagli procedurali tipici dei casi di valore più elevati.

La Corte di Cassazione ha osservato inoltre che il valore della controversia era chiaramente inferiore alla soglia e che il Tribunale aveva correttamente applicato la normativa vigente in materia.

La decisione dei giudici stabilisce chiaramente che il rimborso delle spese legali processuali comprende anche l’imposta sul valore aggiunto (IVA), riconosciuta come un onere aggiuntivo collegato direttamente alle spese processuali. Questo significa che, quando viene disposto un rimborso delle spese processuali, l’IVA è inclusa senza necessità di una fatturazione separata.

La sentenza chiarisce un aspetto spesso dibattuto sulle spese di lite, confermando che non è richiesta una distinta fattura per la detrazione dell’imposta, che viene considerata parte integrante delle spese rimborsabili, eliminando qualsiasi obbligo di ulteriori specifiche.

Inoltre, la sentenza ribadisce un’importante restrizione riguardo alle possibilità di impugnazione nelle cause di valore contenuto. In particolare, limita per le controversie di modesta entità, la possibilità di presentare un appello e ricorrere alla Corte di Cassazione a meno che non emergano gravi violazioni, come errori nelle procedure legali o questioni che violino principi costituzionali.

Ciò significa che, per i casi di valore limitato, sarà necessario dimostrare che si sono verificati errori significativi nel processo o nelle procedure legali, ovvero che sono stati lesi diritti costituzionali.

 

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN
http://www.il-commercialista-dei-professionisti.com