Negli ultimi anni il lavoro agile, o per meglio dire, il lavoro “da remoto”, ha trovato un’ampia diffusione nel mondo del lavoro e tale tendenza ha posto l’attenzione sulla possibilità di fare il c.d. smart working dall’estero.
Infatti, il lavoro agile, rappresenta una particolare modalità di svolgimento del lavoro, caratterizzata dal lavoro svolto in parte all’esterno dei locali aziendali e in parte in azienda.
Tuttavia, oggi sono molti i lavoratori che lavorano “da casa” o comunque in luogo diverso dalla sede aziendale senza mai recarsi in azienda o quasi; lavoratori questi che possono comunque essere considerati lavoratori agili.
L’attività lavorativa può essere svolta dall’Italia ma anche da un Paese estero. Sempre più spesso, infatti, i lavoratori si trovano a prestare la propria attività lavorativa in un Paese estero, pur mantenendo un legame “organico” con la sede di lavoro in Italia.
Tale modalità di lavoro configura anche il telelavoro. Il telelavoro, infatti, costituisce una forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività lavorativa che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori degli stessi.
Nei casi di svolgimento di lavoro in smart working all’estero si pone il problema in merito alla corretta disciplina applicabile al rapporto di lavoro, soprattutto in riferimento agli aspetti fiscali e previdenziali.
I lavoratori agili, ai sensi della Legge n. 81/2017, godono degli stessi diritti e tutele dei lavoratori che svolgono l’attività lavorativa in sede, inclusi il diritto alla parità di trattamento economico e normativo e i diritti sindacali. Molto importante per questa tipologia di prestatori di lavoro è poi il diritto alla disconnessione.
Il Protocollo Nazionale per il lavoro agile, siglato il 7 dicembre 2021, prevede che l’accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro debba definire le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dagli strumenti tecnologici.
In ambito previdenziale trova applicazione il principio generale di territorialità, che si traduce nell’obbligo di pagare i contributi nel Paese in cui la prestazione lavorativa è svolta. Quando l’attività è svolta interamente o parzialmente da remoto all’estero come si assolve l’obbligo contributivo?
Sul punto l’articolo 16 del Regolamento CE 883/2004 consente di derogare al principio generale della territorialità dell’obbligo contributivo, garantendo una copertura previdenziale adeguata per i lavoratori transfrontalieri che telelavorano.
In attuazione del Regolamento europeo, è stato sottoscritto l’Accordo Quadro sul telelavoro transfrontaliero C/2024/594 del 21 giugno 2023.
L’Accordo consente ai lavoratori di telelavorare da un Paese dell’UE diverso da quello in cui ha sede il datore di lavoro, mantenendo la copertura previdenziale nel Paese originario, a condizione che il telelavoro all’estero non superi il 50% dell’orario complessivo.
Il telelavoro transfrontaliero è definito dall’Accordo come l’attività lavorativa svolta abitualmente in modalità remota da un Paese diverso da quello in cui l’azienda ha la sede legale o il domicilio. Tale modalità consente di mantenere la copertura previdenziale nel Paese del datore di lavoro.
Con il Messaggio 13 marzo 2024, n. 1072, l’Inps ha fornito chiarimenti in merito alla gestione previdenziale dei lavoratori agili che operano all’estero, con particolare riferimento al telelavoro transfrontaliero regolato dall’Accordo europeo del 2023.
In particolare, viene previsto che:
- l’Accordo si applica ai lavoratori dipendenti che svolgono abitualmente telelavoro transfrontaliero, a condizione che la loro residenza sia in uno Stato firmatario e che la sede legale o il domicilio del datore di lavoro siano situati in un altro Stato firmatario;
- la richiesta di deroga deve essere presentata con il consenso del datore di lavoro e del lavoratore La richiesta va formulata all’istituzione competente dello Stato membro dove ha la sede legale o il domicilio il datore di lavoro, che rilascerà il certificato di legislazione applicabile (documento portatile A1);
- i contributi devono essere versati nel Paese del datore di lavoro se il telelavoro transfrontaliero è inferiore al 50% dell’orario complessivo di lavoro. Se, invece, il lavoratore svolge attività in modalità agile per più del 50% dell’orario complessivo nel Paese di residenza, si applica la normativa previdenziale di quest’ultimo.
Anche con riferimento al regime fiscale, la normativa italiana prevede un principio di territorialità, secondo il quale i redditi sono imponibili in Italia se prodotti nel territorio dello Stato. Tuttavia, in presenza di convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, le regole di determinazione della base imponibile possono subire deroghe, al fine di evitare che uno stesso reddito venga tassato più volte in Stati diversi.
La retribuzione dei lavoratori agili è imponibile in base alla residenza fiscale e al luogo di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa.
Un lavoratore residente in Italia è tassato su tutti i redditi percepiti, indipendentemente dal luogo in cui sono prodotti. Per i non residenti, invece, sono tassati solo i redditi prodotti in Italia.
Ai fini fiscali, si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, hanno la residenza ai sensi del Codice Civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti.
Per domicilio, ai fini fiscali, si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.
Inoltre, salvo prova contraria, si presumono residenti anche:
- le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente;
- i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
Per quanto riguarda il concetto di residenza fiscale dei lavoratori in smart working, l’Agenzia delle Entrate con Circolare n. 25/E del 2023 ha chiarito che i criteri per la definizione della residenza fiscale delle persone fisiche rimangono quelli ordinari, con la conseguenza che le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non incidono sui criteri di determinazione della residenza fiscale.
Il lavoro agile comporta una parziale o totale recisione dei vincoli di presenza fisica del prestatore nel territorio di un determinato Stato per lo svolgimento dell’attività.
Pertanto, è necessario verificare le convenzioni stipulate dall’Italia che vanno a ripartire la potestà impositiva in relazione a determinati redditi, con particolare riferimento all’art. 15 sui redditi di lavoro dipendente del Modello OCSE. Le convenzioni internazionali stabiliscono criteri per evitare la doppia imposizione, privilegiando il Paese di residenza del lavoratore.
Ai sensi dell’articolo 15 del Modello OCSE, i redditi di lavoro dipendente sono tassati esclusivamente nello Stato di residenza del lavoratore, se l’attività è ivi svolta. Se il lavoratore risiede in Italia e svolge attività in smart working per un datore di lavoro estero, l’Italia ha il diritto esclusivo di tassare il reddito del lavoratore.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato