Cedolare secca foresteria: dal no del MEF al sì della Cassazione

Una rondine non fa primavera, né una singola sentenza della Corte di Cassazione che ha aperto alla possibilità di applicare la cedolare secca ai contratti di locazione stipulati da imprese quando l’immobile viene concesso per uso foresteria oppure in uso ai dipendenti e casi similari. È la posizione ufficiale del MEF contenuta nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03773 presentata in Commissione Finanze alla Camera.

Traendo spunto dalla sentenza n. 12395/2024 della Corte di Cassazione, gli Onorevoli interroganti ponevano la questione della legittimità dell’applicazione della cedolare secca ai contratti di locazione abitativa stipulati tra locatori persone fisiche e conduttori che operano nell’ambito di un’attività d’impresa o professionale. Allo stesso tempo, gli stessi facevano presente che il portale dell’Agenzia delle entrate (tramite la procedura RLI) non consentiva la registrazione telematica di contratti di locazione per foresteria con l’opzione della cedolare secca, impedendo l’applicazione della sentenza e creando un’evidente disparità tra il diritto riconosciuto dalla Cassazione e la prassi amministrativa.

Nella risposta, il MEF ricostruisce i passaggi salienti contenuti nella disciplina di riferimento (ex art. 3, D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23) nonché della prassi amministrativa (circ. 26/E/2011) evidenziando quanto segue.

  • che il regime cd. Cedolare secca sugli affitti si applica in alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini Irpef in capo alle persone fisiche, il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo;
  • che le relative disposizioni non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa o di arti e professioni;
  • Il documento di prassi n. 26/E del 2011 (confronta il paragrafo 1.2) si esprimeva escludendo i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti, perché maggiormente congruente con le finalità della norma di contrasto all’evasione che caratterizza il mercato delle locazioni;
  • il regime alternativo e agevolato è stato riconosciuto applicabile ai contratti conclusi con enti pubblici o privati non commerciali, purché risulti dal contratto di locazione la destinazione degli immobili ad uso abitativo in conformità alle proprie finalità;
  • la successiva circolare n. 12/E del 2016, al punto 3.2 – “Natura giuridica del conduttore”, la suddetta posizione interpretativa è stata confermata anche alla luce degli interventi normativi in materia (ex ‘art. 9, comma 2, D. L. n. 47 del 28 marzo 2014) che ha inserito, nell’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il comma 6-bis, dove si prevede l’opzione per la cedolare secca anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II del codice civile, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.

È proprio la circostanza che il legislatore abbia individuato in maniera puntuale le ipotesi in cui è possibile estendere l’ambito applicativo della “cedolare secca” a far propendere che detta estensione non possa essere effettuata in via interpretativa in maniera generalizzata. Il Mef ritiene, pertanto, dover confermare il principio indicato nel senso dell’esclusione dal regime della “cedolare secca” per i contratti di locazione stipulati con conduttori che operano nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo.

Il MEF segnala, altresì, che sulla questione si è sviluppato un filone di contenzioso che, allo stato, nei gradi di merito, ha fatto registrare esiti contrastanti, con una parte della giurisprudenza che ha condiviso la tesi interpretativa dell’Agenzia delle entrate, anche successivamente alla citata sentenza della Suprema Corte (confronta ex multis: CGT I grado di Novara n. 132 del 29 ottobre 2024, CGT II grado della Campania n. 3527 del 27 maggio 2024,CGT I grado di Roma n. 4800 del 9 aprile 2024, CGT II grado del Piemonte n. 56 del 16 febbraio2024, CGT II grado del Piemonte n. 429 del 19 ottobre 2023).

Il MEF, quindi, prende atto della pronuncia della Corte di Cassazione, ma ritiene opportuno attendere la formazione di un consolidato indirizzo interpretativo, anche a tutela delle esigenze di gettito erariali.

 

 

 

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN