Il nuovo Decreto Legge 133 ha colmato l’enorme incertezza in materia di IMU che regnava in merito al destino della seconda rata dell’imposta municipale propria per l’abitazione principale e non solo, ma ha creato nuove incertezze, alimentate da lacune normative, per alcune categorie di soggetti passivi. Vediamo di cosa si tratta.
Mentre il calcolo della seconda rata dell’imposta dovuta a gennaio per le fattispecie previste dall’articolo 1 comma 1 del succitato Decreto Legge appare chiaro, per quanto non semplicissimo, le modalità di calcolo della seconda rata, dovuta invece entro il prossimo 16 dicembre, per le fattispecie che hanno goduto dell’abolizione del solo acconto di giugno appaiono, invece, molto meno trasparenti.
Il caso più eclatante riguarda, ad esempio, i terreni non posseduti e condotti da Coltivatori Diretti o Imprenditori Agricoli Professionali, che hanno goduto dell’abolizione della prima rata IMU prevista dal Decreto Legge 102 (così come tutte le altre categorie di terreni) mentre ora sono obbligati al versamento della seconda rata IMU entro il 16 dicembre: ma quanto devono pagare?
Poiché né il Decreto Legge 102 né il Decreto Legge 133 fanno alcun riferimento a riguardo, appare logico applicare le regole di calcolo tradizionale della normativa IMU, vale a dire quanto previsto dalla Circolare 3/DF del Ministero Economia Finanze del 18 maggio 2012, facciamo un esempio: per un terreno non agricolo posseduto al 100% dal proprietario (non Coltivatore Diretto o Imprenditore Agricolo Professionale) diretto per 12 mesi con un reddito dominicale di euro 100,00, l’importo dell’IMU annua, considerando l’aliquota deliberata dal Comune per il 2013 pari all’1,06%, è pari ad euro 178,88 (100*1,25*135*1,06%*12/12*100/100). Secondo quanto previsto dalla Circolare 3/DF il calcolo della seconda rata è pari all’imposta annua calcolata con l’aliquota dell’anno d’imposta meno l’importo versato in acconto (vale a dire il 50% dell’imposta annua calcolata con l’aliquota di giugno), il problema sta proprio qui. L’acconto è stato abolito, quindi possiamo considerarlo come “pagato”, anche perché effettivamente il Governo ha stanziato oltre due miliardi e mezzo di euro ai Comuni per il mancato gettito derivante da tale abolizione, quindi l’imposta dovuta per dicembre sembra ragionevolmente essere il 50% dell’imposta annua netta calcolata con le aliquote 2013, vale a dire 89,44 euro.
Tale calcolo però è in evidente contrasto con quanto invece è previsto per le fattispecie di cui al succitato articolo 1 comma 1 del Decreto Legge 133: tali fattispecie, che negli intenti del legislatore sono agevolate rispetto invece al caso da noi preso in esame, pagano il 40% del differenziale d’imposta annuo, comprendendo quindi anche il differenziale dell’acconto, tra le aliquote deliberate dai Comuni per l’anno 2013 e le aliquote base previste dalle normativa IMU. Viene spontaneo chiedersi come mai queste fattispecie debbano pagare questo differenziale d’imposta per l’intero anno, e quindi anche per l’acconto, mentre il calcolo da noi preso ad esame non lo debba pagare, considerato che per ambedue fattispecie la rata di giugno risulta parimenti abolita.
Se consideriamo questo nuovo punto di vista del calcolo, l’imposta di dicembre da pagare per il caso di un terreno non agricolo posseduto al 100% dal proprietario (non Coltivatore Diretto o Imprenditore Agricolo Professionale) per l’intero anno con l’aliquota IMU 2013 pari all’1,06% sarebbe il seguente: IMU annua netta calcolata con le aliquote 2013 meno il 50% dell’IMU annua netta calcolata con le aliquote base previste dalla disciplina IMU, vale a dire lo 0,76%. Vediamo, calcoli alla mano, a quanto ammonta: euro 178,88 meno euro 64,13 ((100*1,25*135*0,76%*12/12*100/100)*50%), vale a dire euro 114,75.
Come è evidente, il risultato del calcolo con la prima e la seconda ipotesi non è assolutamente identico, anzi, nel secondo caso l’imposta di dicembre è circa del 25% più elevata, ed è apparentemente il calcolo più corretto, anche se non ha alcun esplicito riferimento normativo.
Il problema non è di poco conto, in quanto i Comuni hanno approvato i propri bilanci di previsione tenendo conto del gettito IMU derivante dall’applicazione delle aliquote IMU deliberate, entro il 9 dicembre: ironia della sorte, il termine per l’approvazione dei bilanci di previsione era stato prorogato fino al 30 novembre scorso, giorno in cui è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 133 che ha cambiato, sostanzialmente, le carte in tavola in tema di IMU.
Considerando che oltre 2.400 Comuni hanno aumentato le aliquote in questo periodo d’imposta e che tale casistica interessa parecchi contribuenti, se la modalità di calcolo di questa fattispecie non verrà chiarita e vi sarà trovata relativa copertura finanziaria da provvedimenti governativi, l’onere di ottemperare alla copertura di tale minor gettito ricadrà, inevitabilmente, sul contribuente.
Alex Naro – Centro Studi CGN