Di questi tempi forse capita di rado, ma accade che il contribuente versi all’Erario imposte in misura maggiore a quelle effettivamente dovute. In questo caso ha diritto a essere rimborsato o riportando l’importo nella prima dichiarazione utile, ovvero tramite presentazione di apposita istanza all’Agenzia delle Entrate.
Se il contribuente presenta modello Unico, il rimborso viene richiesto direttamente nel quadro RX della dichiarazione. L’Agenzia delle Entrate, eseguiti i normali controlli, rimborsa la somma spettante.
Se il contribuente, invece, non esprime alcuna scelta, il credito viene considerato come eccedenza da utilizzare nella successiva dichiarazione e potrà essere rimborsato solo su apposita richiesta del contribuente e dopo che l’ufficio abbia verificato che lo stesso credito non sia stato utilizzato in compensazione nel modello F24 o nelle dichiarazioni successive.
Se invece il contribuente presenta il modello 730, il rimborso è effettuato direttamente dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico, in busta paga o nella rata di pensione.
Se, per qualunque motivo, il rimborso non è effettuato, si può presentare apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui si risiede. In tal caso, occorre allegare alla richiesta la certificazione con la quale il datore di lavoro, o l’ente pensionistico, attesta di non aver eseguito il conguaglio e di non aver quindi rimborsato le imposte.
In tutti i casi in cui sono stati effettuati pagamenti non dovuti o in eccesso rispetto a quanto dovuto, è necessaria, di regola, una domanda del contribuente, che deve essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di 48 mesi.
L’istanza di rimborso deve essere presentata in carta semplice all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente e deve contenere i motivi in base ai quali si ritiene di aver diritto al rimborso. Ad essa devono essere allegate le distinte dei versamenti eseguiti e/o le certificazioni delle ritenute subite.
La domanda di rimborso può essere accolta o respinta. In quest’ultimo caso, il contribuente può presentare ricorso alla competente Commissione tributaria provinciale entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento di rifiuto.
Se l’Agenzia delle Entrate riconosce il diritto al rimborso e nel caso in cui il contribuente abbia fornito all’Agenzia delle Entrate le proprie coordinate bancarie o postali, la somma è erogata mediante accreditamento sul c/c.
La richiesta di accredito può essere effettuata presso qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ovvero online tramite la specifica applicazione disponibile sul sito dell’Agenzia. Chi è già registrato ai servizi telematici dell’Agenzia può farlo attraverso il canale Fisconline.
In caso contrario, il rimborso è erogato con metodi diversi a seconda della somma da riscuotere:
- per importi fino a Euro 999,99, comprensivi di interessi, il contribuente riceve un invito a presentarsi, entro il termine di sei mesi, in un qualsiasi ufficio postale presso il quale potrà riscuotere il rimborso in contanti, presentando un documento d’identità in corso di validità, ovvero una delega alla riscossione. Trascorso tale termine senza dar luogo alla riscossione, l’Agenzia delle Entrate competente invita gli interessati per la verifica delle cause che hanno comportato la mancata riscossione e rende possibile una seconda erogazione del rimborso;
- per importi dagli Euro 1.000,00 agli Euro 51.645,69, comprensivi di interessi, il rimborso viene eseguito con l’emissione di un vaglia della Banca d’Italia;
- per importi superiori a Euro 51.645,69, comprensivi di interessi, o per i rimborsi di soli interessi (di qualsiasi importo), le somme sono erogate unicamente con accredito su conto corrente bancario o postale; pertanto, se il contribuente non fornisce le coordinate del proprio conto, l’Agenzia delle Entrate non può erogare il rimborso.
Rita Martin – Centro Studi CGN