È possibile che un soggetto instauri più rapporti di lavoro? Quali sono i limiti imposti dalla legge? Cosa succede se i datori di lavoro sono in concorrenza? Cerchiamo di fare chiarezza.
Le ipotesi più ricorrenti in cui ci si pone questa domanda sono sostanzialmente due:
- l’instaurazione di più rapporti di lavoro subordinato in capo allo stesso soggetto con diversi datori di lavoro;
- la coesistenza, con lo stesso “datore di lavoro” di un rapporto di lavoro subordinato e di un rapporto di lavoro autonomo.
In via generale, la legge non pone divieti al verificarsi di questi due casi. Tuttavia, sono previsti dei limiti.
1. Instaurazione di più rapporti di lavoro subordinato in capo allo stesso soggetto con diversi datori di lavoro
L’articolo 2105 c.c. impone al prestatore di lavoro l’obbligo di fedeltà: “il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.”
Pertanto, è possibile instaurare più rapporti di lavoro subordinato con datori di lavoro diversi principalmente se non vengono violati l’obbligo di fedeltà e l’obbligo di non concorrenza, sempre che non ricorrano degli specifici motivi di incompatibilità e che vi sia l’effettiva possibilità da parte del lavoratore di collaborare concretamente in ciascuna impresa (in ogni caso, infatti, andranno rispettati i limiti imposti dalla normativa – D.lgs. 66/2003 – e dalla contrattazione collettiva in materia di orario di lavoro – orario normale di lavoro -, di durata massima settimanale e di fruizione delle pause e dei riposi per il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore).
Quando si può dire che questi obblighi siano violati?
I limiti che vengono posti alla libertà del lavoratore sono giustificati dal pregiudizio che potrebbe essere arrecato al datore di lavoro. Anche per questo sono state ritenute in violazione dell’obbligo di fedeltà condotte dalle quali siano provati lo sviamento di clientela, l’abuso di notizie segrete o riservate, il concorso nell’attività di concorrenza sleale svolta da un terzo.
E se i datori di lavoro sono in concorrenza?
In questo caso, occorre fare una riflessione ulteriore, anche motivata dai pronunciamenti non univoci sul tema.
Secondo parte della dottrina, infatti, lo svolgimento di attività presso un datore di lavoro in concorrenza con un altro non comporta automaticamente la commissione di atti pregiudizievoli per il datore di lavoro, quindi di per sé la condotta può essere ritenuta lecita.
Tuttavia, sul punto anche la giurisprudenza si è pronunciata in modo non uniforme. Infatti, secondo un primo orientamento della Cassazione, l’obbligo di fedeltà sarebbe rispettato nel caso di svolgimento di lavoro di carattere non intellettuale e non comportante notevoli margini di autonomia e discrezionalità a favore di una società concorrente Successivamente, altri hanno ritenuto che indipendentemente dalle mansioni svolte dal lavoratore, l’attività svolta a favore di imprese concorrenti non è di per sé in violazione dell’articolo 2105 c.c., perché al lavoratore non può essere imputata l’attività svolta dal datore di lavoro, dovendo essere valutato se risulta soggetto attivo dei comportamento concorrenziale. Ma molti hanno rilevato come nel concreto sia difficile identificare le mansioni concorrenziali e quelle non concorrenziali.
2. Coesistenza, con lo stesso “datore di lavoro” di un rapporto di lavoro subordinato e di un rapporto di lavoro autonomo
Anche in questo caso, la coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato e di un rapporto di lavoro autonomo di per sé non è vietata. Occorre però che siano rispettate due condizioni:
- le prestazioni devono essere tra loro distinte e differenti e dunque non essere tra loro strumentali;
- allo stesso modo, devono essere caratterizzate da tempi di esecuzione diversi.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN