I tempi sembrano essere maturi per l’introduzione del reato di autoriciclaggio, fino ad ora non previsto nel nostro ordinamento. Il Governo ha infatti presentato, nell’ambito del pacchetto giustizia, un disegno di legge per il contrasto ai patrimoni illeciti, nel quale si prevede la punibilità anche di coloro che riciclano e ripuliscono “in proprio” il denaro di provenienza delittuosa.
In materia di riciclaggio, allo stato attuale, l’art. 648-bis del codice penale punisce la condotta di chi, fuori dai casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. È proprio l’espressione “fuori dai casi di concorso del reato” che esclude la punibilità per riciclaggio tutte le volte che il soggetto abbia anche commesso o sia concorso nel cosiddetto reato presupposto, cioè quel reato che ha generato i proventi. La ratio di tale esclusione trova il suo fondamento nel principio del ne bis in idem, che vieta di giudicare un soggetto più di una volta per la medesima condotta. Si ritiene, infatti, che le condotte di uso, reimpiego od occultamento dei proventi delittuosi, se poste in essere da parte di colui che ha commesso il reato presupposto, costituiscano un post factum non punibile, in quanto si tratta di un naturale proseguimento dell’illecito principale.
In base alle modifiche normative proposte dal Governo, il principio del ne bis in idem cede il passo all’esigenza di contrasto dei patrimoni illeciti, e viene quindi sanzionata anche la condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, trasferisca o impieghi danaro, beni o altre utilità provenienti da tale reato. Viene meno, pertanto, quel requisito, per la configurabilità del reato di riciclaggio, che richiede che il riciclatore debba essere un soggetto diverso da colui che ha commesso o ha preso parte al delitto presupposto.
Invero, secondo la riforma in oggetto, l’autoriciclaggio viene punito con una pena autonoma rispetto al reato di riciclaggio attualmente vigente. La proposta del Governo prevede infatti una pena detentiva che va dai tre agli otto anni di reclusione, mentre la pena pecuniaria consiste nella multa da diecimila a centomila euro.
Una ulteriore particolarità del reato di autoriciclaggio, così come formulato nel D.D.L. in esame, riguarda le finalità della condotta posta in essere dal riciclatore. Vengono puniti, infatti, solamente quei comportamenti che sono finalizzati a procurare a sé o ad altri un ulteriore vantaggio in attività imprenditoriali o finanziarie. In questo modo viene data rilevanza al dolo specifico di procurare tale ulteriore vantaggio, escludendo dall’applicazione della norma tutte quelle condotte finalizzate al solo godimento dei proventi derivanti dal reato presupposto.
A titolo di esempio, chi, avendo commesso il reato presupposto, utilizzi le somme che ne derivano per acquistare un immobile e un’auto, non sarà punito a titolo di autoriciclaggio. Se, invece, utilizzerà tali somme per aprire un’attività, integrerà la fattispecie in oggetto e verrà sanzionato, oltre che per il reato principale, anche per quello di riciclaggio “in proprio”.
Tale aspetto non va sottovalutato, e, anzi, si tratta di un elemento molto importante della riforma in oggetto. Si rammenta, infatti, che anche il disegno di legge sul rientro di capitali (la cosiddetta voluntary disclosure) prevede l’introduzione del reato di autoriciclaggio. Lo fa, però, con una formulazione forse troppo ampia, che non distingue in base alle finalità della condotta posta in essere e può portare ad un rischio di repressione troppo elevata, con un eccessivo esercizio dell’azione penale. Sembra, pertanto, maggiormente apprezzabile la proposta contenuta nel D.D.L. sui patrimoni illeciti, che circoscrive il campo di applicazione della norma a quei casi in cui vi sia la presenza di quell’elemento ulteriore dato dal dolo specifico, in grado di giustificare la “doppia” punibilità.
Non ci resta, ora, che attendere i lavori delle due Camere, per l’introduzione del reato in oggetto, che permetterà al nostro ordinamento di adeguarsi alla realtà europea e internazionale, oltre che di avere uno strumento in più per rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti.
Federico Di Bella – Centro Studi CGN