Ci siamo. Il contratto a tempo determinato è pronto per affrontare una nuova stagione della “storia infinita” degli ultimi tempi: un sequel normativo giocato a colpi di stop&go, necessaria indicazione delle motivazioni, indicazione delle motivazioni derogabile per un anno (poi abrogata), prorogabilità del termine. E non è da escludere che l’impasto normativo nel mondo del diritto del lavoro ci riservi nuove sorprese.
L’ultimo episodio di questa saga è da ascrivere alla regia del D.L. n. 34/2014, convertito con L. n. 78/2014 (cd. Jobs act, parte prima o, forse meglio, “atto primo”).
Posto che diverse sono le materie su cui il decreto ha inciso in materia di contratto a termine (eliminazione della causale, proroghe, diritto di precedenza), una delle modifiche ad impatto operativo più immediato riguarda il limite del 20% per la stipula di contratti a termine.
La nuova norma stabilisce un rapporto percentuale tra lavoratori assunti a tempo indeterminato e lavoratori assumibili con contratto di lavoro a tempo determinato. Questi ultimi non possono risultare in misura superiore al 20% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato. Se il risultato del rapporto è un decimale uguale o superiore a 0,5, si arrotonda all’unità superiore. I datori di lavoro che occupano da 0 a 5 lavoratori a tempo indeterminato possono assumere comunque 1 lavoratore a termine.
Quando verificare il numero dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, per calcolare il tetto del 20%? Il limite del 20% (derogabile, ricordiamo, dalla Contrattazione Collettiva Nazionale di Lavoro e fatta salva la valutazione delle opportunità introdotte dall’art. 8 del D.L. n. 138/2011 convertito con L. n. 148/2011) va calcolato sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.
Per le attività iniziate durante l’anno, la verifica del personale assunto a tempo indeterminato va effettuata al momento dell’assunzione a tempo determinato.
Sono rilevanti, tuttavia, i casi di assunzioni non sottoposte al limite percentuale del 20%; tra le ipotesi più significative citiamo:
- i contratti conclusi nella fase di avvio di nuove attività (per i periodi che saranno definiti dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici);
- i contratti conclusi per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell’elenco allegato al D.P.R. n. 1525/1963 e ss.mm.;
- i contratti sottoscritti con lavoratori di età superiore a 55 anni;
- le assunzioni a termine di dirigenti;
- i rapporti di lavoro a termine instaurati con lavoratori in mobilità;
- le assunzioni di disabili.
Queste, in sintesi, le novità in materia di limiti quantitativi alla stipulazione di un contratto a tempo determinato.
Un’ ennesima “prima” sul palcoscenico della regolamentazione dei rapporti di lavoro. E nell’attesa del secondo tempo di questa stagione di riforme, restiamo fiduciosi in un colpo di scena.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN