Nella pratica commerciale va diffondendosi sempre più la proposta tra le imprese, al fine di fronteggiare la scarsità di liquidità a disposizione, di utilizzare contratti di scambio, come la permuta, alternativi a quelli tradizionali che prevedono un esborso di denaro, come la compravendita. Ma nella realtà imprenditoriale, non è difficile imbattersi in contratti, come ad esempio la compravendita con compensazione del debito oppure la permuta con conguaglio in denaro, nei quali sembrano coesistere le caratteristiche giuridiche sia della permuta che della compravendita. Quando, quindi, dal punto di vista della disciplina civilistica, si è in presenza di permuta e quando di vendita?
I caratteri distintivi
Nella vendita, oggetto della prestazione di una delle parti è il denaro. Il venditore mira a scambiare la proprietà della cosa o del diritto per ottenere in cambio il denaro, per l’utilità che ne può trarre dalle sue funzioni di mezzo di scambio.
Nella permuta, l’utilità ricercata dalle parti è realizzata direttamente dal bene ricevuto. La controprestazione non è rappresentata da denaro ma dal bene ricevuto in permuta.
La casistica
Tutti abbiamo presente un esempio di compravendita.
Un esempio di permuta è quello dello scambio, tra due imprenditori, di beni, del medesimo valore, dagli stessi prodotti (cancelleria contro prodotti per la pulizia dei locali, sedie da ufficio contro tastiere per pc, etc.).
Diversa, invece, è l’ipotesi in cui l’obbligazione di trasferire la cosa o il diritto venga sostituita dall’obbligazione di corrispondere il prezzo (cd. novazione oggettiva ex art. 1230 c.c.). In tal caso, con il mutamento dell’oggetto, muta anche la natura del contratto e così la permuta si converte in compravendita.
Più articolata è l’ipotesi della doppia compravendita, ovvero il caso in cui le parti stipulano due vendite reciproche prevedendo la compensazione dei prezzi (cd. estinzione delle obbligazioni per compensazione ex art. 1241 c.c.). In tal caso, va infatti esaminato, in concreto, se le due alienazioni sono completamente autonome (nel qual caso, si avranno due distinti contratti di vendita) o, al contrario, se esse sono riunite in un’operazione giuridica unitaria, nella quale il prezzo funge solo da valutazione dei beni (nel qual caso, si avrà un unico contratto di permuta).
Esempio: la ditta Giovanni Rossi vende per euro 500,00 uno smartphone all’impresa Andrea Verdi, la quale, a sua volta, a distanza di tempo, vende alla ditta Giovanni Rossi per euro 500,00 materiale pubblicitario. Considerato che i reciproci debiti hanno lo stesso ammontare, i due imprenditori decidono, di comune accordo, di estinguerli mediante compensazione con i crediti vantati dall’uno nei confronti dell’altro e viceversa. In tal caso, i due negozi giuridici palesano due distinte ed autonome compravendite.
Altro esempio: la società Bianchi spa si accorda con la società Verdi srl di permutare un terreno di proprietà della prima con un fabbricato di proprietà della seconda mediante due vendite reciproche con compensazione dei relativi debiti. In tal caso, nonostante l’operazione si realizzi mediante due compravendite, essa si configura nella sostanza come un’unica permuta tra le parti.
Se la controprestazione è costituita, in parte, da una cosa in natura e, in parte, da una somma di denaro, costituisce una compravendita o una permuta?
Una volta che si esclude la duplicità di negozi ovvero l’ipotesi del contratto con causa mista, occorre esaminare la comune volontà delle parti verificando se esse hanno voluto cedere un bene contro una somma di denaro (vendita), commutando una parte di essa, per ragioni di opportunità , con un altro bene, oppure se le stesse hanno concordato lo scambio di beni in natura (permuta), ricorrendo all’integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi. Non sono quindi rilevanti né la prevalenza del valore economico del bene in natura, né il valore della somma di denaro (Cass. civ., Sez. II, 16/04/2007, n. 9088).
Roberto Stella – Centro Studi CGN