Uno dei contributi maggiormente significativi, nell’ambito della revisione operata dall’OIC ai principi contabili nazionali, è indubbiamente rappresentato dal nuovo OIC 9 che dovrebbe ovviare alla poca chiarezza e allo scarso approfondimento della precedente normativa.
Anzitutto è doveroso rimarcare come il principio in questione vada a sostituire i paragrafi dedicati alle svalutazioni in presenza di perdite durevoli di valore collocati nei precedenti OIC 16 e OIC 24.
Venendo alle questioni maggiormente significative è bene sottolineare i alcuni aspetti.
- Il concetto di valore recuperabile e di valore d’uso: a tal proposito il principio ricorda che il valore recuperabile di un’attività consiste nel maggiore tra il valore d’uso e il valore equo, dove per valore equo s’intende il prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita stabilito in una libera transazione ovvero il prezzo in un mercato attivo.
Se tale dato non dovesse essere disponibile, bisognerebbe riferirsi alle migliori informazioni accessibili alla data di riferimento del bilancio.
Nel caso in cui il valore recuperabile dovesse essere il valore d’uso, il confronto per determinare lo stesso dovrebbe essere operato tra questo ed il valore residuo in bilancio; se il valore d’uso dovesse essere inferiore, verrebbe a porsi la questione della svalutazione.
- La svalutazione modulata alla dimensione di impresa: in relazione a ciò si prevede che le società di minori dimensioni, ovvero quelle che per due esercizi consecutivi non superano due dei seguenti limiti (numero medio dei dipendenti durante l’esercizio superiore a 250, totale attivo superiore ad euro 20 milioni e ricavi netti delle prestazioni superiori ad euro 40 milioni) possano evitare la determinazione dei flussi di cassa attualizzati prevista dall’OIC 16 e conseguentemente risparmiare in termini di costi, calcolando il valore d’uso come differenza tra ricavi e costi non attualizzati derivanti dall’utilizzo dell’immobilizzazione, cioè la capacità di ammortamento. La conseguenza è che quindi il confronto viene fatto tra il valore netto contabile e la capacità di ammortamento dei futuri esercizi, dovendo quindi eseguire la stima dei flussi reddituali futuri riferibili all’intera azienda e non della singola immobilizzazione (nel caso di rami di azienda che generano flussi finanziari autonomi per l’OIC è preferibile far riferimento ai singoli rami).
Tornando alle imprese di maggiori dimensioni, si afferma che la determinazione del valore d’uso comporta la stima dei flussi futuri in entrata e in uscita derivanti dall’uso continuativo dell’attività e dalla sua dismissione e l’applicazione, a tali flussi, del tasso di attualizzazione appropriato.
- Gli indicatori di perdite durevoli: viene qui preso in considerazione il caso in cui non si possa stimare il valore della singola immobilizzazione nel caso in cui, per esempio, la stessa non generi flussi di cassa autonomamente rispetto agli altri cespiti; in questo caso vengono suggeriti degli indicatori per stabilire la presenza di perdite durevoli di valore come, per esempio, la diminuzione del valore di mercato, l’obsolescenza, andamenti economici negativi dell’impresa, ecc.
Stefano Venturelli – Centro Studi CGN