Split vuol dire spaccare/rompere e, nel gergo degli economisti aziendali, indica un’operazione di scissione. Il DDL di Stabilità per il 2015 introduce lo split payment, che prevede il pagamento dell’IVA direttamente all’Erario da parte dell’ente pubblico. Si tratta di un meccanismo rivoluzionario che avrà un impatto dirompente sulla normale dinamica applicativa dell’IVA, fondata sulle coordinate rivalsa-detrazione, tanto da essere subordinato al rilascio di un’apposita autorizzazione da parte del Consiglio Europeo.
In base allo split payment, da un punto di vista finanziario, l’operazione viene “spaccata” in due e, di conseguenza, la PA:
- versa al suo fornitore l’importo della fattura relativa alla cessione o alla prestazione al netto dell’IVA;
- provvede a versare l’importo dell’IVA direttamente all’Erario con termini e modalità che verranno stabiliti da un apposito decreto.
È l’art. 44 del DDL Stabilità a prevedere di inserire nel D.P.R. n. 633/1972 l’art. 17-ter dove si stabilisce:
“Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.”
La norma potrebbe dare origine a problemi di liquidità per i fornitori la PA, non potendo questi ultimi incassare l’IVA e compensarla con quella anticipata a “monte” ai propri fornitori. Tale situazione viene tenuta presente in quanto lo stesso disegno di legge prevede un’integrazione dell’art. 30, DPR 633/1972, comprendendo le operazioni sottoposte a split payment tra quelle che concorrono alla determinazione del presupposto dell’aliquota media ai fini del rimborso annuale e infrannuale.
Altro aspetto da considerare riguarda il regime di esigibilità dell’IVA, in quanto dall’entrata in vigore del meccanismo dello split payment, i fornitori non saranno più debitori dell’imposta verso l’erario (non dovendo riscuotere l’IVA dalla PA) e pertanto il regime di esigibilità (differita o immediata) perde di importanza.
La norma avrà anche un impatto per quanto concerne gli aspetti contabili dei soggetti coinvolti, in quanto i fornitori la PA dovranno ulteriormente differenziare i clienti in relazione al regime IVA in commento e prevedere una gestione a parte per i clienti riconducibili alla PA ai quali si applicherà il sistema dello split payment.
Per quanto riguarda la PA è il caso di notare che:
- l’IVA diviene esigibile soltanto al momento del pagamento del corrispettivo; pertanto non può sorgere alcun obbligo di pagamento dell’imposta da parte degli enti destinatari fintanto che l’imposta stessa non sia divenuta esigibile ai sensi del comma 5 dell’art. 6, ossia fino a quando non venga pagato il corrispettivo;
- in caso di inosservanza dell’obbligo di versamento, si applicheranno nei confronti degli enti inadempienti le sanzioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 per l’omesso o ritardato versamento dei tributi;
- il meccanismo dello split payment si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei suddetti enti quando “non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto”. Ciò vuol dire che dall’area oggettiva di applicazione del nuovo meccanismo sono escluse le operazioni in relazione alle quali l’ente pubblico cessionario/committente è costituito debitore dell’IVA con il meccanismo dell’inversione contabile (o reverse charge) di cui all’art. 17, commi 5 e 6, ed all’art. 74, D.P.R. n. 633/1972. Quando un ente pubblico, in veste di soggetto passivo dell’IVA, acquista beni o servizi sottoposti al regime dell’inversione contabile (ad esempio, un fabbricato imponibile per opzione del cedente), non dovrà versare l’imposta all’Erario ai sensi dell’art. 17-ter, ma dovrà integrare la fattura e contabilizzare il debito d’imposta nella liquidazione periodica;
- anche le forniture effettuate fra le pubbliche amministrazioni saranno oggetto della presente disciplina.
L’introduzione dell’obbligo in capo alla PA di versare l’IVA sulle fatture ricevute direttamente all’Erario rappresenta una misura di contrasto dei fenomeni evasivi dell’IVA. L’intervento infatti mira, in buona sostanza, a spostare l’onere del versamento sul soggetto più affidabile dal punto di vista degli obblighi tributari (in questo caso l’ente pubblico).
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN