Facciamo il punto della situazione sulle agevolazioni fiscali previste per gli immobili di interesse storico artistico e sulle attività di accertamento che colpiscono questa tipologia di immobili.
L’Italia vanta un patrimonio storico e artistico tutelato anche tramite apposite agevolazioni fiscali. Così perlomeno era fino all’entrata in vigore del D.L. n. 16 del 2 marzo 2012 che ha abrogato il previgente art. 11, comma 2, della Legge n. 413 del 30 dicembre 1991. In base a quest’ultimo articolo, il reddito che una persona fisica traeva dal possesso di immobili di interesse storico-artistico andava determinato in base alla c.d. “rendita figurativa”, cioè mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato.
In forza di tale agevolazione pertanto, i proprietari di un immobile artistico, ancorché locato a qualsiasi titolo (abitativo o commerciale), erano tenuti a dichiarare tale rendita figurativa in luogo del canone di locazione. Tale agevolazione era stata concessa a parziale compensazione degli ingenti oneri, in termini di conservazione e manutenzione, gravanti sugli immobili di interesse storico.
Dopo la riforma di cui sopra, con la quale si è abrogato il criterio basato sulla “rendita figurativa”, a partire dal 1° gennaio 2012 il sistema impositivo diretto dei redditi derivanti da immobili di interesse storico-artistico è diventando molto penalizzante per i proprietari.
In caso di immobile non locato posseduto da persone fisiche non in regime d’impresa, l’IRPEF e le relative addizionali sono assorbite dall’IMU, la quale si calcola moltiplicando la rendita ordinaria ridotta del 50% per i moltiplicatori previsti per ciascuna categoria catastale.
L’aggravio fiscale è ancor maggiore per i proprietari di immobili locati, in quanto il reddito derivante dalla locazione è pari al maggiore tra il canone ridotto forfetariamente del 35% e la rendita catastale rivalutata del 5% risultante dall’applicazione della tariffa d’estimo ridotta del 50%.
Poiché molto difficilmente il canone di locazione sarà inferiore alla rendita, il riferimento è quasi sempre al canone di locazione stesso.
I molti proprietari di dimore storiche che in passato, per far fronte agli ingenti oneri manutentivi, avevano “messo a reddito” i propri immobili affittando qualche stanza per cerimonie e/o eventi, si trovano a dover fronteggiare i controlli della Guardia di Finanza, che ha di recente manifestato parecchio interesse (e non certo non per amor dell’arte) nei confronti degli immobili vincolati.
Tali controlli hanno esisti quanto mai devastanti per i proprietari, in quanto i relativi avvisi di accertamento, disconoscendo l’agevolazione ex art. 11, comma 2, della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, riprendono a tassazione i canoni di locazione percepiti comminando sanzioni pari fino al 100% dei canoni medesimi.
Benché non esista in merito una giurisprudenza “storica”, vi sono numerosi appigli normativi e giurisprudenziali in favore dei proprietari da far valere in sede contenziosa.
In tali casi occorre dimostrare il carattere occasionale e non organizzato dell’attività: depone in tal senso l’estraneità dei proprietari alle attività propedeutiche all’organizzazione della cerimonia (allestimento spazi, somministrazione di alimenti e bevande, intrattenimenti musicali…), l’assenza di servizi aggiuntivi oltre alla mera locazione immobiliare e la conseguente non necessarietà di personale dedicato.
Le più efficaci “armi di difesa” non potranno chiaramente prescindere da un’analisi specifica della fattispecie oggetto di accertamento.
Silvia Alberici – Dottore Commercialista in Milano promotore di Menocarta.net