L’indennità di maternità per le libere professioniste titolari di partita IVA, iscritte ad una Cassa di Previdenza, deve essere calcolata in base alla legge vigente al momento del parto, anziché della presentazione della domanda. A stabilirlo la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3998 del 27 febbraio 2015.
Indennità maternità libere professioniste: la normativa
Gli articoli 70 e 71 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) prevedono che per le libere professioniste, iscritte ad una Cassa di previdenza e assistenza, sia corrisposta un’indennità di maternità per un periodo pari a:
- due mesi antecedenti la data del parto
- tre mesi successivi alla stessa.
La legge 15 ottobre 2003, n. 289 ha modificato l’articolo 70 nella parte riguardante il reddito. Così con l’entrata in vigore della legge recante modifiche all’articolo 70 del Testo Unico, l’indennità di maternità per le libere professioniste deve essere corrisposta in misura pari all’80% di cinque dodicesimi del reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell’evento (in precedenza era il reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello della domanda).
La stessa Legge n. 289/2003 ha stabilito inoltre che l’indennità in oggetto non può essere superiore a cinque volte l’importo minimo, ferma restando la possibilità di ogni singola Cassa di stabilire un importo massimo più elevato, tenuto conto delle capacità reddituali e contributive della categoria professionale e della compatibilità con gli equilibri finanziari dell’ente.
Il caso
Alla luce della normativa suindicata ha origine il caso posto dinanzi alla Corte di Cassazione, in cui un’avvocatessa, rivoltasi al giudice di primo grado del Tribunale di Milano al fine di accertare il suo diritto all’indennità di maternità liquidata ai sensi dell’articolo 70 del D.Lgs. n. 151/2001, ha vinto il ricorso contro la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, condannata così al pagamento della differenza dell’indennità calcolata dalla Cassa nella più ridotta misura ai sensi della successiva legge n. 289/2003, insieme agli interessi e alla rivalutazione.
Nel caso in oggetto il parto era avvenuto il 19 ottobre 2003, mentre la legge n. 289/2003 era entrata in vigore il 29 ottobre 2003. La presentazione della domanda era tuttavia avvenuta il 9 gennaio 2004.
Corte di Cassazione: sentenza n. 3998 del 27.02.2015
Gli Ermellini nella sentenza n. 3998 del 27 febbraio 2015 hanno stabilito che l’indennità di maternità per le libere professioniste debba essere determinata “con riferimento al reddito percepito e denunciato ai fini fiscali nel secondo anno precedente a quello della domanda, in applicazione dell’articolo 70 del Decreto legislativo n. 151/2001 anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 289 del 2003, in quanto normativa senza efficacia retroattiva, in riferimento al fatto costitutivo del parto o addirittura dell’ancora precedente stato di gravidanza, in consonanza con la ratio della legge, di consentire alla professionista di dedicarsi con serenità alla maternità, prevedendo che a questa si colleghi uno stato di bisogno o una diminuzione del tenore di vita, rappresentando la presentazione della domanda soltanto condizione di erogabilità della prestazione”.
Alessandra Caparello