Nel nostro Paese, il trattamento fiscale riservato al patto di famiglia si presenta piuttosto favorevole. Analizziamo nel dettaglio le agevolazioni previste dalla normativa vigente per questi tipi di accordi.
Il contratto in parola può essere assimilato ad una liberalità, soprattutto nel caso in cui le attribuzioni compensative ai legittimari sono poste a carico del disponente, sebbene la causa può essere individuata nel desiderio di definire in anticipo la trasmissione ereditaria del proprio patrimonio, più che nell’animus donandi.
E il Testo unico sulle successioni e donazioni, Decreto Legislativo n.346/90, dispone all’articolo 3 comma 4 ter l’esclusione dalla tassazione dei trasferimenti di aziende (commerciali o agricole), di rami d’azienda o di titoli societari a favore dei discendenti e del coniuge anche se compresi in un patto di famiglia, a condizione che il beneficiario prosegua nell’esercizio dell’attività d’impresa per almeno 5 anni.
Ulteriore requisito richiesto dalla norma è, nel caso di partecipazioni in società di capitali, l’acquisizione della maggioranza assoluta dei voti ai sensi dell’articolo 2359 comma 1 numero 1) del codice civile per un periodo sempre non inferiore ai 5 anni.
Dal tenore delle suddette disposizioni si evince che il valore dell’azienda o del pacchetto societario non assorbe la franchigia prevista dall’imposta di successione e da quella di donazione, come di regola previsto nei casi di trasferimenti gratuiti inter vivos anteriori.
Tale impressione è testualmente confermata dall’articolo 8 comma 4 e dall’articolo 57 comma 1 del Decreto Legislativo n.346/90, rispettivamente per i due tributi, che si riferiscono tra l’altro agli atti “registrati gratuitamente”.
Il panorama delle agevolazioni per quanto riguarda la tassazione indiretta del patto di famiglia è completato dall’esclusione da imposte ipo-catastali sancita dagli articoli 1 comma 2 e 10 comma 3 del Decreto Legislativo n.347/90, per eventuali immobili appartenenti all’impresa.
Nel versante delle imposte dirette, l’articolo 58 comma 1 del Testo unico imposte sui redditi contempla laconicamente la continuità dei valori dell’azienda trasferita per atto gratuito, senza rilevazione di alcuna plusvalenza.
L’articolo 68 comma 6 del Tuir prevede in modo analogo che il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione societaria acquisita per donazione si trasmette al donatario.
L’ordinamento pare dunque premiare con la leva tributaria i passaggi gratuiti di aziende, o delle partecipazioni che le rappresentano, soprattutto qualora il disegno familiare miri alla prosecuzione duratura dell’attività d’impresa nelle mani dell’erede designato, piuttosto che ad una cessione speculativa a terzi.
Naturalmente in caso di mancato rispetto delle condizioni sopra richiamate, che lasciano presumere la stabilità del passaggio generazionale, occorre corrispondere l’imposta dovuta, gli interessi di mora e la sanzione del 30%, come chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n.3/E del 22/01/2008.
Lo stesso documento di prassi spiega che non si considerano cedute le aziende o le partecipazioni interessate nel corso del quinquennio di possesso necessario da operazioni di conferimento, trasformazione, scissione e fusione, purché venga mantenuto il controllo ove risulti una società di capitali.
Nessuna agevolazione spetta, invece, per le eventuali devoluzioni compensative a favore dei legittimari, tassate quindi secondo le ordinarie regole dalle imposte conseguenti ad un atto di donazione. La circolare n.3/E conferma tale timore.
Il beneficio fiscale è pertanto circoscritto alla parte aziendale dell’istituto in esame, benché in altre fattispecie per certi versi similari (si pensi alla divisione ereditaria) l’imposizione attenuata si applica indistintamente.
In ogni caso se nel patto di famiglia una persona “muore solo come imprenditore”, possiamo concludere che riposa senza troppi patemi fiscali.
Fabio Ceroni – Studio Palmeri Commercialisti Associati
Alessandro Tentoni – Studio Palmeri Commercialisti Associati