Datore di lavoro e lavoratore possono pattuire che la retribuzione (o, meglio, parte di essa, in quanto è fatta salva la garanzia dei minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro) sia costituita, invece che da denaro, da prestazioni in natura. Di seguito riepiloghiamo alcuni dei casi più tipici di retribuzione in natura e i relativi principi di imponibilità.
Il principio generale è che i beni non monetari riconosciuti dal datore di lavoro al lavoratore costituiscono retribuzione imponibile (fatte salve specifiche eccezioni). Per determinare l’imponibilità del benefit occorre preliminarmente quantificare il valore normale del bene stesso che [… ] corrisponde al prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni ed i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo più prossimi […] (TUIR, art.9, c. 3).
Veicoli aziendali: la concessione in uso privato totale o parziale di veicoli aziendali è retribuzione in natura se al lavoratore non è corrisposto anche adeguato rimborso delle spese e degli oneri sostenuti.
Per determinare l’imponibilità del bene, è possibile distinguere due casi:
- se il veicolo è utilizzato solo ad uso privato, l’intero valore normale del benefit è imponibile;
- nel caso di uso promiscuo (uso sia lavorativo che privato da parte del dipendente) la quota imponibile è determinata con un’operazione convenzionale: si assume una percorrenza annua di 15.000 km; si applica a questo valore il costo chilometrico indicato nelle Tabelle Aci; è imponibile il 30% dell’operazione risultante (imponibile da ragguagliare al periodo di concessione del veicolo al dipendente).
Cessione di beni e servizi: costituisce retribuzione imponibile l’intero valore dei beni ceduti o dei servizi prestati se, nel periodo di riferimento, il valore stesso supera 258,23 euro.
Fabbricati concessi in locazione, uso o comodato: se il benefit assegnato è un alloggio o un’abitazione occorrerà distinguere:
- se il bene è strumentale allo svolgimento dell’attività lavorativa e il dipendente ha l’obbligo di dimorarvi (è il tipico caso del custode o del portiere di un fabbricato) e il fabbricato è iscritto al catasto: si assume la rendita catastale; si aumenta questo valore delle spese inerenti al fabbricato (comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore); si calcola la differenza tra la rendita catastale così determinata e quanto corrisposto dal dipendente al datore di lavoro per il godimento dell’immobile: è imponibile il 30% di questa differenza;
- se il bene non è strumentale allo svolgimento dell’attività lavorativa, (e il dipendente non ha l’obbligo di dimoravi) è imponibile l’intera differenza come sopra determinata;
- in entrambi i casi, se il fabbricato non è iscritto al catasto, è imponibile la differenza tra il valore del canone di locazione stabilito in regime vincolistico (o, in assenza, quello determinato in libero mercato) e quanto corrisposto dal dipendente per il godimento dell’immobile.
Mensa aziendale e prestazioni sostitutive:
- sono totalmente esenti la somministrazione di vitto che il datore di lavoro riconosce ai dipendenti e la somministrazione di pasti tramite mense, direttamente o indirettamente gestite dal datore di lavoro;
- sono esenti con limitazioni le prestazioni sostitutive della mensa (es. buoni pasto), fino a 5,29 euro (7,00 euro dal 1° luglio 2015, se erogati in forma elettronica). Il valore nominale eccedente è imponibile ed è escluso dal limite di 258,23 euro su base annua per i beni ceduti e i servizi prestati dal datore di lavoro.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN