L’aumento dell’IVA e gli effetti su spesometro, 36% e 55%

L’aumento di un punto percentuale dell’IVA provocherà conseguenze collaterali non trascurabili. Trattano, in particolare, di bonifici per la detrazione del 36% o del 55% e di spesometro.

Come noto, l’art. n. 25 del D.L. n. 78/2010 prevede l’assoggettamento a ritenuta d’acconto, ai fini  dell’imposta sul reddito dei percipienti, dei compensi corrisposti mediante bonifici bancari o postali quale modalità obbligatoria di pagamento per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta (ad esempio al fine di fruire delle detrazioni del 36%). La ritenuta d’acconto dovrà essere operata dalla banca del beneficiario del bonifico all’atto di accreditamento delle somme a favore dello stesso. Il D.L. n. 98/2011, cosiddetta manovra correttiva, nel tentativo di alleggerire il carico tributario imposto con il suddetto D.L. n 78/2010, ha diminuito (e non abrogato) la percentuale della ritenuta d’acconto da operare dal 10% al 4%.

L’aumento dell’IVA, però, avrà conseguenze dirette sui bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare della detrazione del 36% (relativa alle spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio), ovvero del 55% (relativa agli interventi di risparmio energetico). In particolare, tale aumento influenzerà la determinazione della base di calcolo per determinare la ritenuta d’acconto.

Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria è intervenuta con la Circolare n. 40/E del 2010 per sottolineare che “la base di calcolo su cui operare la ritenuta non deve, però, comprendere l’IVA, in quanto altrimenti verrebbero alterate le caratteristiche di neutralità di tale imposta”. Inoltre, ha anche precisato che ”occorre tener conto che il soggetto tenuto ad effettuare la ritenuta non conosce l’ammontare dell’IVA compreso nell’importo del bonifico, informazione che, anche se richiesta all’ordinante il bonifico, comporterebbe un notevole aggravio nella procedura di accreditamento e sarebbe senz’altro soggetta a margini di imprecisione. Pertanto, per esigenze di semplificazione e di economicità nonché per evitare errori determinati da una applicazione impropria della ritenuta, si assume che, ai fini dell’applicazione della norma in esame, l’IVA venga applicata con l’aliquota più elevata. Conseguentemente, la ritenuta d’acconto del 10% (ora del 4%) deve essere operata sull’importo del bonifico decurtato dell’IVA del 20 per cento”.

Per ciò che attiene al versamento delle ritenute operate, si ricorda che, secondo quanto disposto dalla norma istitutiva (D.L. n. 78/2010), detto versamento delle ritenute dovrà essere effettuato, secondo le ordinarie modalità, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata operata la ritenuta. Ciò premesso, è necessario, però, che l’Amministrazione finanziaria precisi a decorrere da quale mese avrà effetto la modifica dell’aliquota IVA. Infatti, i versamenti che saranno effettuati il prossimo 16 ottobre 2011, ovvero il 16 novembre, potrebbero riguardare fatture emesse nel mese di settembre (o nei mesi precedenti) con aliquota IVA pari al 20%. In tal caso, l’Agenzia delle Entrate dovrà chiarire se, con riferimento a bonifici relativi a fatture emesse prima dell’entrata in vigore della legge di conversione al D.L. n. 138/2011, le banche e Poste italiane Spa dovranno tenere conto dell’aliquota del 20% o del 21%.

L’aumento dell’IVA, inoltre, provocherà conseguenze anche a tutte le operazioni effettuate in favore di privati, di importo pari o superiore a Euro 3.600. Tali operazioni, infatti, secondo le disposizioni previste dal D.L. n. 78/2010 e dal Provvedimento di attuazione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 184182 del 22 dicembre 2010, sono soggette alla comunicazione telematica dei dati rilevanti ai fini IVA, meglio conosciuto come “spesometro”. Le disposizioni innanzi citate, infatti, prevedono che debbano essere comunicate all’Amministrazione finanziaria le operazioni rilevanti ai fini IVA (tranne quelle di cui al punto 2.4 del Provvedimento del 22 dicembre sopra richiamato) se di importo pari o superiore a Euro 3.000 più IVA se rese e ricevute dai soggetti passivi IVA, obbligati all’emissione della fattura. Inoltre, le disposizioni sopra richiamate stabiliscono che la predetta comunicazione va inviata per le operazioni, di cui al periodo precedente, se di importo pari o superiore a Euro 3.600 per i soggetti per cui non vi è l’obbligo di emettere la fattura. In altri termini, e il tema è particolarmente scottante per i commercianti, dovrà essere specificato dall’Amministrazione finanziaria se, a seguito dell’aumento dell’IVA di un punto percentuale, rimarrà inalterato il limite di Euro 3.600, ovvero, se le categorie che non sono obbligate a emettere fattura dovranno considerare l’importo di Euro 3.630.