Dal 1° gennaio 2015 è in vigore la nuova fattispecie dell’autoriciclaggio che punisce la condotta di riciclaggio posta in essere dallo stesso soggetto che ha commesso o concorso a commettere il reato presupposto dal quale derivano i proventi illeciti.
È una misura che si è resa necessaria per via delle crescenti dimensioni e per il grave impatto sul regolare svolgimento delle attività economiche. L’autoriciclaggio, infatti, si presenta come un fenomeno che minaccia una pluralità di beni: il patrimonio, l’ordine economico e il risparmio. Il legislatore, superando tutte le perplessità legate al principio del ne bis in idem secondo il quale un accusato non può essere giudicato due volte per lo stesso reato, ha ritenuto che il reato di riciclaggio goda di un disvalore autonomo rispetto al reato presupposto.
Il nuovo art. 648-ter.1 c.p. distingue due ipotesi:
- la prima, più grave, punisce con la reclusione da due a otto anni e con la multa da 5.000,00 a 25.000,00 euro chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo punito con la reclusione pari o superiore nel massimo a cinque anni, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare “concretamente” l’identificazione della loro provenienza delittuosa (art. 648-ter.1 co. 1 c.p.);
- la seconda, attenuata, punisce con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 2.500,00 a 12.500,00 euro, le medesime attività ove poste in essere in relazione ad utilità provenienti da delitti non colposi puniti con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni (art. 648-ter.1 co. 2 c.p.). Trovano comunque applicazione le pene previste dal primo comma (reclusione da due a otto anni e multa da 5.000,00 a 25.000,00 euro) se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. (associazioni di tipo mafioso anche straniere) ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (art. 648-ter.1 co. 3 c.p.).
È fondamentale sottolineare che il presupposto dell’autoriciclaggio risiede in una condotta che ostacola concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa, diversamente da quanto accade nel reato di riciclaggio dove l’avverbio “concretamente” non è presente. Ciò vuol dire che per il reato di autoriciclaggio non ci si potrà rimettere a qualsiasi modalità idonea a determinare anche un semplice ritardo nell’identificazione della provenienza, con la conseguenza che non sarebbero rilevanti ai fini del reato di autoriciclaggio tutte quelle operazioni le cui modalità esecutive sono facilmente superabili con la normale diligenza degli organi accertatori.
Autorevole dottrina ha precisato come il semplice trasferimento delle somme non configuri il reato di autoriciclaggio in quanto per tale configurazione occorrerebbe la prova che si sia trattato di un trasferimento avvenuto con modalità anomale, ossia diverse da quelle normali (ad esempio, attraverso plurimi passaggi, taluni dei quali inutili; mediante il transito su conti esteri, soprattutto se siti in banche di Paradisi fiscali; con la collaborazione amichevole di terze persone aventi la natura di mere “teste di legno”, ecc.). Infatti, “Quello che conta, in altre parole, è che l’utilizzazione delle somme non avvenga in maniera lineare e normale, ma che invece si possa dire che sono stati messi in atto tutti i possibili “artifici” tendenti al risultato dell’avvenuta estrema difficoltà di identificazione della provenienza da delitto. È necessario, dunque, che si siano perseguite delle vie tortuose, delle strade inusuali, delle condotte difficili da interpretare, e così via, anziché la via maestra del semplice impiego od utilizzo che si sarebbero adottati se non ci fosse stato nulla da nascondere.”
Tra le condotte non punibili si segnala, inoltre, quanto indicato al quarto comma dell’art. 648-ter.1 c.p. che prevede che “fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale”.
È stato sottolineato come in questo caso il legislatore abbia voluto espressamente escludere dalla portata incriminatrice dell’art. 648 ter 1 c.p. tutte quelle condotte che si concretizzano non già in un reimpiego in attività produttive di proventi delittuosi, ma nella mera utilizzazione (consumo) o godimento personale di questi ultimi. È l’esempio di tizio che si impadronisce di una consistente somma di denaro con modalità penalmente rilevanti, furto o appropriazione indebita. Se utilizza il profitto di tali reati per avviare un’attività commerciale (o altro) sarà punito per autoriciclaggio; se li destina al consumo personale, tipo acquisto di autovetture, beni di lusso o addirittura droga per uso personale sarà tranquillamente esente da pena.
Il reato di autoriciclaggio è assoggettato ad una prescrizione ottennale, decorrente dalla consumazione del reato (concreto reimpiego del denaro, beni o utilità). Ciò comporta, ad esempio, che qualora si sia consumato nel 2004 un reato fiscale (attualmente prescritto), ma i proventi dello stesso siano utilizzati nel 2015, il reato di autoriciclaggio potrà essere imputato al reo entro il 2023.
Infine ci si pone la questione se, in relazione alle segnalazioni di operazioni sospette (ex art. 41 del D.Lgs. 231/2007), occorra o meno che i professionisti comunichino il reato di autoriciclaggio.
È il caso di sottolineare come il nuovo reato non implica nuovi obblighi per i professionisti, in quanto l’art. 2 del D.Lgs 231/2007, già prevede un obbligo di segnalazione nei casi di sospetto “sulla conversione o trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengano da attività criminosa, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi” oppure nel caso “di occultamento o dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, movimento, proprietà dei beni e dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengano da un’attività criminosa”.
Dai documenti di prassi della Guardia di finanza (circ. n. 81 del 18/8/2008 e circ. 83607 del 19/3/2012) e dell’Uif (comunicazione del 15/2/2010) si evince che le situazioni di autoriciclaggio erano già da segnalare in virtù dell’ampio significato da attribuire al termine riciclaggio fornito dall’art. 2 del D.Lgs 231/07.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN