La Legge di Stabilità 2016 riconosce all’imprenditore individuale la possibilità di escludere dal patrimonio della propria impresa gli immobili strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Posto che il tributo IVA ha origini comunitarie, il legislatore nazionale non ha potuto prevedere alcun beneficio: vediamo quindi quali sono le regole da osservare ai fini dell’IVA e la relativa disciplina a cui attenersi per l’individuazione del criterio da adottare ai fini della determinazione della base imponibile.
L’opzione per l’estromissione può essere esercitata entro il 31 maggio 2016, ma ha effetto retroattivo, ovvero dal 1° gennaio 2016, e sull’eventuale differenza positiva (differenza tra il valore normale o catastale dei beni estromessi e il loro costo fiscalmente riconosciuto) è dovuta l’imposta sostitutiva dell’Irpef e dell’Irap, pari all’8%.
Per via del fatto che l’imposta sul valore aggiunto è un tributo comunitario, la determinazione della base imponibile secondo i valori catastali risulterebbe in evidente contrasto con le disposizioni europee. Nel caso in questione, l’estromissione del bene immobile si caratterizza per la mancanza del corrispettivo e di conseguenza la base imponibile deve essere determinata secondo quanto previsto dalla legge IVA laddove si stabilisce il criterio “del prezzo di acquisto o, in mancanza, del prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni; …” (art. 13, comma 2, lett. c) del D.P.R. n. 633/1972).
Una volta individuato il criterio da adottare, si pone il problema di stabilire il significato della locuzione indicata nel “prezzo di acquisto o (in mancanza) di costo dei beni o di beni simili nel momento in cui si effettuano tali operazioni” per poter individuare gli importi da indicare in fattura.
Si tratta di una formulazione di difficile applicazione, anche per la mancanza di precisazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, che non rende agevole il compito degli operatori. Un riferimento è costituito senz’altro dalla Circolare Assonime del 13 ottobre 2009, n. 42, che ha avuto modo di osservare che il prezzo d’acquisto dovrebbe comprendere anche le spese sostenute per acquisti di beni e servizi, tenendo, inoltre, conto di quanto è già stato consumato al momento di effettuazione dell’operazione.
Ne consegue che per determinare la base imponibile IVA dell’estromissione, il richiamo al prezzo di acquisto dovrebbe riferirsi al:
- valore residuo del bene all’atto dell’estromissione, vale a dire il prezzo di acquisto al netto del deprezzamento subito nel tempo che potrebbero essere stimati anche dai fondi ammortamento fiscalmente riconosciuti;
- aggiungendo gli “interventi che hanno comportato un incremento duraturo del valore del bene non completamente consumato”.
La disposizione in esame (art. 13, comma 2, lett. c) prosegue precisando che sotto il profilo temporale, ai fini della determinazione, si deve fare riferimento al momento in cui si effettuano tali operazioni. È una norma criptica, che si ritiene debba essere interpretata nel senso che, in mancanza del corrispettivo, il valore dell’operazione si determina in ragione del prezzo di acquisto “attualizzato”, cioè riportato al momento in cui l’operazione risulta effettuata (in pratica in coincidenza con l’estromissione o l’atto di assegnazione).
Dall’interpretazione letterale della norma deriva:
- l’irrilevanza di eventuali rivalutazioni dell’immobile dovute esclusivamente, ad esempio, alla riqualificazione della zona in cui risulta ubicato o, più in generale, ad un incremento dei prezzi degli immobili;
- la considerazione del tasso di inflazione al fine di determinare a quanto corrisponde oggi il prezzo pagato al momento dell’acquisto.
Riepilogando, ai fini IVA, il valore del bene da estromettere si determina secondo la seguente tabella:
Per effetto della sostanziale equiparazione tra la cessione dell’immobile e la sua estromissione dal patrimonio dell’impresa, l’imponibilità dell’operazione deve essere individuata in base alle regole sancite dall’articolo 10, primo comma, n. 8-bis e n. 8-ter, del D.P.R. 633/1972, secondo la seguente tabella:
Per completezza di argomento è il caso di evidenziare quanto segue:
- nell’ipotesi di opzione per l’imponibilità IVA non trova applicazione il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge) di cui all’art. 17, co. 6, lett. a-bis), del D.P.R. n. 633/1972, in quanto l’estromissione è effettuata a beneficio di un privato;
- nel caso di adozione del regime naturale dell’esenzione, si potrebbe porre il problema della rettifica della detrazione Iva a suo tempo detratta: l’autoconsumo rientra, infatti, tra le fattispecie che l’art. 19-bis2, co. 2, del D.P.R. n. 633/1972 assoggetta all’obbligo della rettifica della detrazione Iva per il cambio di destinazione dei beni ammortizzabili che si verifica nell’anno del loro acquisto (o di quello di ultimazione) e nei successivi 9 periodi d’imposta, ai sensi dell’art. 19-bis2, co. 8, del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto, se, poniamo ad esempio, nell’anno 2009 l’acquisto di un fabbricato strumentale, il soggetto IVA, al fine dell’estromissione, dovrebbe rettificare l’Iva detratta nella misura di tre decimi (cioè per gli anni mancanti al decorso del periodo di osservazione fiscale di dieci anni dall’acquisto del bene). Quindi, se l’imposta detratta all’atto dell’acquisto era stata di un importo pari a 100.000 euro, la rettifica da operare è pari a 30.000 euro (data da 100.000 x 3/10). La somma così determinata deve essere versata e riportata all’interno del modello di dichiarazione annuale Iva 2017 con conseguente riduzione dell’Iva ammessa in detrazione per il 2016;
- l’obbligo di rettifica della detrazione sussiste anche nel caso dell’immobile acquistato senza addebito dell’IVA (da un privato o prima del 1973 o in esenzione), sul quale siano state successivamente sostenute spese incrementative a fronte delle quali è stata detratta l’IVA (C.M. 13 maggio 2002, n. 40/E, par. 1.4.11): l’estromissione di tale bene, come anticipato, costituisce un’operazione “fuori campo IVA”;
- l’operazione esente non è neppure suscettibile di incidere negativamente sul calcolo del pro rata di detraibilità, in quanto da esso sono escluse le cessioni di beni ammortizzabili (art. 19-bis, co. 2, del D.P.R. n. 633/1972): in altri termini, l’estromissione dell’immobile non genera l’obbligo di rettifica della detrazione da variazione del pro rata disciplinata dall’art. 19-bis2, co. 4, del D.P.R. n. 633/1972.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN