Caparra, acconto o cauzione: quali differenze?

Spesso il contribuente si ritrova alle prese con versamenti di somme di denaro definite, anche impropriamente, a titolo di acconto o di cauzione o ancora di caparra. Tali termini infatti sono il più delle volte utilizzati alla stregua di sinonimi, ma giuridicamente sono nozioni distinte con regime diverso. Cerchiamo di far chiarezza, definendone il significato ed evidenziandone le differenze.

La caparra

La caparra può essere confirmatoria o penitenziale

La caparra confirmatoria ha la pura funzione di garanzia. Normalmente è versata al momento in cui viene concluso un determinato contratto e costituisce l’indennità che uno dei contraenti versa all’altro in caso di recesso dal contratto stesso. Se il contratto non è rispettato, la caparra è utilizzabile quale risarcimento danno.

La caparra assume la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento tramite la trattenuta della stessa o del doppio di essa, qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il diritto di recesso. La parte non inadempiente può intraprendere un’azione legale volta al risarcimento del danno.

La caparra non costituisce corrispettivo e pertanto è esclusa dall’applicazione dell’Iva.

Con la caparra penitenziale chi recede dal contratto perde l’importo dato, ovvero deve restituire il doppio di quello ricevuto, senza possibilità di ulteriori azioni di risarcimento danno.

Nel caso di recesso, la caparra trattenuta o versata diviene componente di reddito positivo o negativo.

L’acconto

L’acconto è considerato un parziale pagamento e deve essere assoggettato ad Iva.

All’art.6 del DPR 633/72 è infatti specificato che se, anteriormente al verificarsi degli eventi indicati nei precedenti commi o indipendentemente da essi, sia emessa fattura, o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data della fattura o a quella del pagamento, ad eccezione del caso previsto alla lettera d-bis) del secondo comma.

Nessuna delle parti quindi ha diritto di trattenere l’acconto, nemmeno nel caso in cui una delle due sostenga di aver subito un danno.

L’acconto dovrà essere restituito tutte le volte che il contratto non si conclude, indipendentemente dalla responsabilità delle parti.

Per ottenere un eventuale risarcimento chi ha subito il danno dovrà rivolgersi a un legale e dimostrare il danno subito.

L’acconto, quindi, non è altro che un parziale pagamento che va fatturato nel momento stesso in cui viene riscosso assoggettandolo ad IVA.

La cauzione

Trattasi, in questo caso, del versamento di un determinato importo a garanzia dell’adempimento contrattuale. La cauzione, in caso di inadempienza, serve quale risarcimento danno.

Non rileva ai fini reddituali fino a quando non si verifica l’inadempimento; in tal caso costituisce componente di reddito positivo o negativo.

La cauzione, al termine del contratto, va restituita al soggetto che l’ha versata.

Rita Martin – Centro Studi CGN