Aiutare i figli nell’acquisto di una casa è una decisione che viene presa da molti genitori. È un investimento economico di grande importanza in quanto si investono risparmi, si contraggono debiti e si deve programmare un impegno di spesa futura sostenibile. Ecco alcuni consigli per la gestione dell’operazione.
Per non avere brutte sorprese di natura fiscale e legate alla normativa antiriciclaggio, ma anche per non pregiudicare una corretta gestione delle future questioni ereditarie, l’aiuto, sempreché legittimo, deve avvenire nella maniera più trasparente possibile, con passaggi di denaro tracciabili. Per evitare passi falsi ai quali può essere difficile e costoso porre rimedio, in questo articolo suggeriamo rimedi e soluzioni avallati dal Consiglio notarile di Milano, da prendere in considerazione quando si cede una somma di denaro ai figli che poi verrà utilizzata per acquistare un immobile.
Secondo i notai di Milano sono due le strade percorribili per sostenere i figli nell’acquisto della casa:
- la prima è cedere ai figli una somma di denaro che poi verrà utilizzata per acquistare l’immobile,
- la seconda è disporre direttamente dal proprio conto corrente il pagamento alla parte venditrice davanti al notaio.
La prima ipotesi necessita di un doppio passaggio e viene regolata con due distinti atti notarili. Il primo è la donazione del denaro, il secondo è la compravendita della casa, il cui prezzo sarà a questo punto pagato direttamente dai figli. Questa soluzione presenta i seguenti vantaggi:
- un elevato grado di chiarezza sui passaggi di denaro;
- maggiore trasparenza nei rapporti familiari, soprattutto se ci sono altri figli;
- chiarezza anche nei rapporti col Fisco, in quanto il passaggio di denaro avviene attraverso un atto registrato, e quindi non sorge nessun tipo di problema davanti a eventuali verifiche fiscali sulla provenienza del denaro;
- infine, trattandosi di un atto di compravendita dell’immobile, la donazione di denaro non emerge, facilitando l’eventuale successiva alienazione dell’immobile.
Tra gli svantaggi è necessario considerare l’aumento dei costi, perché il notaio redige due atti.
Nella seconda ipotesi la liberalità entra nell’unico atto redatto dal notaio con i seguenti aspetti da considerare:
- l’operazione si presenta senz’altro meno costosa;
- sebbene l’operazione garantisca chiarezza e trasparenza, la successiva rivendita potrebbe venirne ostacolata, per via della provenienza dell’immobile da un atto di donazione;
- nel caso poi l’unico atto presenti aspetti poco chiari circa il passaggio di denaro tra genitori e figli, ci potrebbero essere conseguenze sia nei rapporti familiari, sia rispetto a eventuali controlli dell’Agenzia delle Entrate.
Anche se a volte la questione è più teorica che pratica, nei casi di un immobile pervenuto in donazione, la successiva rivendita potrebbe trovare degli ostacoli in quanto altri eredi potrebbero rivendicare la parte di eredità riservata a loro dalla legge (la cosiddetta legittima). Il donante, infatti, non può usare la donazione per sottrarre beni dal proprio patrimonio disponibile. Solo dopo venti anni dalla donazione il bene immobile supera il suddetto ostacolo. Per queste ragioni i notai allertano gli acquirenti di un bene pervenuto in donazione al venditore circa i rischi di una simile operazione.
Una variante della prima ipotesi potrebbe consistere anche in un passaggio di denaro, effettuato sempre con modalità tracciabile, da un conto corrente all’altro, senza che ci sia un atto di donazione davanti al notaio. Si tratta in realtà di una pratica molto diffusa, soprattutto quando genitori garantiscono solo una parte dell’importo necessario all’acquisto, tipicamente (almeno) quello che non si riesce a finanziare con il mutuo. È una prassi che non va contro la legge, soprattutto se si tratta di un importo non rilevante. La principale perplessità che suscita tale prassi, però, secondo i notai, oltre alla mancata trasparenza per cui queste donazioni potrebbero essere sconosciute ad altri eredi, è che può più facilmente far scattare un accertamento delle Entrate, a cui si dovrà documentare la lecita provenienza del trasferimento. Si tratta del noto strumento del redditometro che scatta quando si riscontrano differenze di più del 20% tra il reddito dichiarato dal contribuente e spese effettuate, cosa che accade facilmente nel caso dell’acquisto di una casa.
In alcuni casi, infine, può capitare che i genitori vogliano mantenere un qualche tipo di controllo sulla casa dei figli che hanno contribuito ad acquistare (con il rischio però che i genitori possano ad esempio rivenderla per ottenere liquidità). Queste esigenze sono tutelate dalla legge mediante l’attribuzione di determinati diritti, quali per esempio l’usufrutto oppure una quota di comproprietà.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN