In un contesto economico caratterizzato ancora da una forte instabilità, la misura incentivante introdotta dalla Legge di Stabilità per l’anno 2016, così come integrata dalla Legge di Bilancio per l’anno 2017, rappresenta un ottimo tentativo di rilancio dell’intero sistema produttivo, rivolto ad agevolare quelle realtà che, nonostante la difficile congiuntura, hanno il coraggio di investire proprio sulle risorse umane, primo in ordine di importanza tra tutti i vari fattori impiegati nell’impresa.
La richiamata disposizione legislativa ha previsto la possibilità per i datori di lavoro di riconoscere al proprio personale dipendente un premio economico, assoggettato ad un’imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 10 per cento, legato al raggiungimento di specifici obiettivi da parte dell’impresa.
Secondo il comma 182, art. 1, L. n. 208/2015, l’ammontare dell’assegnazione economica per il quale è prevista l’applicazione del regime fiscale di favore, non può eccedere il limite massimo di 3.000 euro, elevato a 4.000 euro in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
Inoltre, per tale ultima ipotesi è stata di recente introdotta una ulteriore agevolazione contributiva consistente nell’abbattimento di venti punti percentuali dell’aliquota a carico del datore di lavoro e l’azzeramento di quella a carico dei lavoratori (entro l’ulteriore limite di 800 euro).
Oltre alla introduzione della disciplina dei premi di risultato, la Legge di Stabilità 2016, modificando il testo del D.P.R. n. 917/1986 (d’ora in avanti TUIR), ha apportato rilevanti novità anche alla materia del welfare aziendale, ovvero quelle prestazioni, opere e servizi erogati in natura o sotto forma di rimborso spese dal datore ai propri dipendenti e loro familiari.
Al riguardo va innanzitutto osservato come, nel caso in cui il datore di lavoro decida di fornire ai propri dipendenti tali servizi, non sarà necessario sottoscrivere alcun accordo sindacale, fatta salva l’ipotesi in cui il datore stesso intenda dedurre integralmente le spese affrontate per la predisposizione del piano (aspetto questo che verrà approfondito in successivi interventi).
L’accordo risulta invece essenziale in caso di erogazione di premi di risultato, ovvero laddove si intenda riconoscere ai lavoratori stessi la facoltà di optare per servizi di welfare in luogo dell’assegnazione economica, c.d. flexible benefit.
Nell’assegnazione delle prestazioni di welfare non dovrà inoltre essere osservato il limite reddituale (80.000 euro percepiti dal destinatario delle misure in discorso nell’anno precedente) previsto per i premi, ovvero per la loro conversione in prestazioni o servizi.
Per quanto attiene poi ai beni e servizi potenzialmente oggetto di piani di welfare aziendale, va ribadito come la Legge di Stabilità 2016 prima e la Legge di Bilancio 2017 poi, siano intervenute in modo radicale, ampliando notevolmente la portata dell’art. 51, TUIR.
Più in dettaglio, il comma 2, lett. f) del succitato art. 51, TUIR, esclude dalla formazione del reddito imponibile l’utilizzazione di opere e servizi aventi scopi di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o culto, riconosciuti dal datore di lavoro ai dipendenti (generalità o categorie di essi) ed ai loro familiari.
Non sono imponibili, inoltre, secondo la lettera f-bis) del medesimo comma 2, art. 51, TUIR, le somme, i servizi e le prestazioni erogati per la fruizione da parte dei familiari dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari.
A differenza dei servizi previsti dalla lettera f), in quest’ultimo caso le prestazioni sono rivolte esclusivamente ai familiari del dipendente, il quale pertanto resta escluso da una possibile fruizione diretta.
Ancora, la lettera f-ter), comma 2, art. 51, TUIR, esclude dalla base imponibile tutte quelle somme e quelle prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti, rivolte alla fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti.
La lettera f-quater) prevede, inoltre, la non imponibilità dei contributi e dei premi versati dal datore in favore della generalità o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana.
Possono infine rientrare all’interno di un piano di welfare aziendale i beni e i servizi disciplinati dall’ultimo periodo del comma 3 e dal comma 4, art. 51, TUIR, tra i quali, ad esempio, agli autoveicoli, moto cicli e ciclomotori concessi in uso promiscuo, ai fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, ovvero ai generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti, la cui imponibilità andrà di volta in volta verificata.
Altro aspetto a cui prestare particolare attenzione riguarda la platea dei possibili destinatari dei piani di welfare.
Infatti, affinché possa essere riconosciuto il regime fiscale di vantaggio (non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei benefit), è necessario che le prestazioni siano erogate alla generalità dei dipendenti o a categorie di essi.
Contrariamente al premio di risultato, in questo contesto l’accezione “lavoratori dipendenti” va intesa in senso ampio, ricomprendendo anche coloro i quali percepiscono redditi assimilati a quello di lavoro dipendente come, ad esempio, i collaboratori coordinati e continuativi.
Inoltre, nel concetto di generalità o categorie di lavoratori va ricompresa anche la semplice messa a disposizione dei servizi ad un gruppo omogeneo di soggetti (medesima categoria legale di appartenenza, lavoratori addetti ad un determinato settore aziendale, ad un turno, ovvero appartenenti ad una specifica categoria, ecc.), a prescindere dalla loro effettiva fruizione.
In chiusura di questa breve panoramica su quelli che sono i destinatari e i servizi interessati dai piani di welfare, va osservato come la predisposizione di un buon piano di “benessere aziendale” possa costituire una valida misura per “fidelizzare” il lavoratore e spingerlo a partecipare sempre più attivamente alla vita dell’impresa, ottenendo così un incremento della sua produttività, con l’ulteriore vantaggio di abbattere il tasso di turn-over del personale, mantenendo così al proprio interno le risorse migliori ed evitare gli ingenti costi – sia in termini economici che di tempo – del recruiting.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN