Banche: come valutano il rischio di insolvenza?

Come valutano le banche il rischio di insolvenza in sede di istruttoria di una pratica di finanziamento? E quali sono le stime del rischio di insolvenza?

Nella concessione di finanziamenti alle imprese, le banche vogliono comprendere la capacità competitiva dell’impresa acquisendo, in collaborazione con il cliente, le informazioni sulla situazione attuale e le previsioni di sviluppo del mercato in cui opera, sui prodotti o servizi realizzati e sul posizionamento nel mercato, tenuto conto del settore e della concorrenza.

Per fare questo, le banche sono chiamate ad effettuare delle valutazioni del merito di credito sulla base di alcune analisi di tipo qualitativo, quantitativo, analisi sull’andamento della gestione e sui dati prospettici.

Attraverso le analisi qualitative, la banca raccoglie informazioni sulla figura dell’imprenditore che chiede di essere finanziato, rilevando i fattori di rischio e di successo della formula imprenditoriale e dell’attività svolta.

Queste indagini si basano sul fatto che l’impresa è un’entità che opera in un preciso momento storico, in un determinato ambiente sociale ed economico ed è immersa in un sistema in continuo cambiamento e per questo deve riuscire ad adattarsi continuamente ai cambiamenti che esso propone.

Nelle analisi di tipo qualitativo, la banca può predisporre dei questionari da sottoporre all’imprenditore per comprendere le caratteristiche dell’attività svolta dall’impresa richiedente, del settore di appartenenza o dei settori collegati. Ad ogni risposta, viene poi attribuito un punteggio di scoring utilizzando modelli di matematica attuariale di stima della probabilità di rischio o modelli di valutazione soggettiva del rischio.

Le analisi sui dati quantitativi si basano invece sullo studio dei bilanci presentati dall’impresa nell’ultimo triennio. Dall’esame degli ultimi bilanci, si possono ricavare diversi indicatori utili alla banca per una corretta valutazione: il risultato di esercizio, il fatturato, il MOL (margine operativo lordo), il reddito operativo (RO o EBIT), il patrimonio netto e i principali indici utili per effettuare confronti temporali e settoriali.

Con questo tipo di analisi, le banche valutano l’efficienza e l’utilizzo ottimale delle risorse impiegate, la solidità dell’impresa (equilibrio tra fonti e impieghi di capitale), la redditività dei fattori produttivi e le opportunità di sviluppo dell’impresa.

Con le analisi sull’andamento dell’impresa, invece, la banca sposta la sua attenzione sulla rilevazione storica delle relazioni intrattenute dall’imprenditore con i terzi: relazioni con altre banche o istituti finanziari, percentuale di insoluti, riba non onorate per mancanza di fondi, richieste di altri finanziamenti presso altre banche, presenza di inconvenienti, ritardi o problemi nella restituzione di prestiti e così via.

Nelle analisi sull’andamento dell’impresa, la banca si avvale di fonti interne (report periodici, ritardi nei pagamenti, assegni insoluti) e fonti esterne come ad esempio le centrali rischi. Le Centrali Rischi, ad esempio, informano le banche sulla sussistenza di debiti verso altre banche ed il relativo andamento degli stessi in merito ad eventuali anomalie.

A completare il quadro delle analisi quantitative sulla situazione dell’impresa, subentra poi l’analisi dei dati prospettici. Il principale strumento informativo di supporto in questa fase di analisi è il business plan.

Attraverso il business plan, le banche analizzano in ottica prospettica il progetto di sviluppo imprenditoriale, con l’intento di valutarne la fattibilità e di analizzarne le possibili ricadute sulle principali scelte aziendali e sui suoi risultati economico finanziari.

Al termine dell’istruttoria bancaria all’azienda affidata viene attribuito un “punteggio” o “scoring” che tiene conto della possibilità di quest’ultima di non poter restituire il prestito nei mesi successivi all’erogazione.

Ed è in funzione di questo punteggio che la banca trae elementi utili per accettare o rifiutare il finanziamento o per determinarne l’entità o il tasso di interesse da applicare.

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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