La riforma del regime di contabilità semplificata, realizzata dalla Legge di Bilancio 2017, comporta non solo una scelta “di campo” sul regime contabile che meglio si adatta al cliente, ma anche implicazioni reddituali di non poco rilievo dovute al passaggio da un regime di competenza ad un regime “improntato alla cassa”.
Con l’approssimarsi della chiusura dell’esercizio, i contribuenti sono chiamati ad assumere le scelte fondamentali sul regime contabile per l’anno successivo. In molti casi, tuttavia, essendo la comunicazione da effettuarsi “ex post” – precisamente al momento della presentazione della dichiarazione IVA/Redditi – spesso in questo periodo dell’anno si decide anche il regime per l’anno in corso, eccezion fatta per le ipotesi in cui (come accade per il forfettario) determinate scelte si siano già rese non modificabili.
I contribuenti che nel 2016 hanno tenuto la contabilità semplificata possono, per il 2017, aderire a questi regimi:
- contabilità semplificata, ove abbiano mantenuto i requisiti circa l’ammontare dei ricavi e, ovviamente, senza necessità di alcuna opzione;
- contabilità ordinaria, per obbligo o per opzione;
- forfettario, ove nel 2016 presentassero i relativi requisiti e senza alcun vincolo circa la permanenza almeno triennale nel “semplificato” (Circolare n. 11/E/2017, par. 6.7). In questo caso occorrerà formalizzare la revoca del regime semplificato.
Ciò che si intende evidenziare, tuttavia, è che le implicazioni contabili e reddituali non dipendono solo dal cambio di regime, ed anzi sono, in taluni casi, maggiori per chi non modifica nulla rispetto a chi passa da un regime all’altro.
In effetti, gli adattamenti a maggior impatto si incontrano transitando da un “regime di competenza” ad un “regime di cassa” e viceversa, passaggio che, per la prima volta, non è necessariamente legato ad un mutamento di regime. È infatti evidente che:
- mentre chi passa dal “forfettario 2016” al “semplificato 2017” mantiene un regime di cassa (anche se con le varie “deviazioni” verso la competenza che norme e Agenzia hanno previsto in applicazione del nuovo testo dell’articolo 66 TUIR);
- chi mantiene nel 2017 il regime semplificato già adottato nel 2016 ha tutte le difficoltà legate all’abbandono della competenza.
Si tratta di problemi che:
- dal 2017 in poi non si porranno nel passaggio dalla contabilità semplificata al regime forfettario e viceversa o nel passaggio tra regime “dei minimi” e contabilità semplificata;
- non si sono mai posti, in questi anni, nel passaggio tra “minimi” e forfettari.
Siccome questi adattamenti non sono affatto banali (e incidono sulla determinazione del reddito imponibile IRPEF oltre che, per chi è soggetto, della base imponibile IRAP) non vanno sottovalutati. Oltre al già ben noto – e non ancora risolto –problema delle rimanenze finali dei “semplificati 2016” che divengono un costo integrale per i “semplificati 2017” (con probabile perdita non riportabile a nuovo), vi sono tutte le accortezze necessarie per evitare salti o duplicazione d’imposta, descritte al par. 4,1 della Circolare n. 11/E/2017. Si pensi, tanto per fare alcuni esempi concreti, con riferimento ad un soggetto “semplificato 2016” che resta in tale regime anche nel 2017:
- ad un acconto incassato nel 2016 per una vendita da effettuare (ovvero una prestazione da svolgere) nel 2017: in tal caso, l’importo non ha determinato un provento nel 2016 (ragionando per competenza) e, se non correggessimo il principio di cassa, non concorrerebbe all’imponibile neppure nel 2017;
- ad un canone di locazione pagato a ottobre 2016 a valere per il semestre ottobre 2016-marzo 2017: in tale ipotesi, correttamente nel 2016 è stata rilevata per competenza la sola quota di costo relativa ai primi tre mesi, ma, se non intervenissimo a correggere il principio di cassa, la residua quota di costo non diverrebbe mai un onere deducibile dal reddito 2017.
Insomma, come sempre, occorre tanta attenzione e tanta pazienza.
Giorgio Gavelli