Il chiamato all’eredità può scegliere se accettare l’eredità e divenire erede a tutti gli effetti o rinunciare all’eredità medesima, manifestando la volontà di non volerla accettare. Chiariamo in che modo gestire quest’ultimo caso, cioè la rinuncia all’eredità.
La rinuncia all’eredità è disciplinata dagli articoli 519 e seguenti del Codice Civile.
Il chiamato all’eredità che intende rinunciare all’eredità deve rendere una dichiarazione presso un notaio o il cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione.
La rinuncia all’eredità non può essere né condizionata (ovvero effettuata a favore di un altro erede), né sottoposta a termine, né parziale (la successione è sempre e solo considerata totale, cioè fatta con riferimento all’intera eredità).
Chi rinuncia è considerato come se non fosse mai stato chiamato all’eredità. La rinuncia ha infatti efficacia retroattiva producendo i suoi effetti dalla data di apertura della successione e non da quella in cui è stata resa la volontà di non voler accettare l’eredità.
Ai sensi dell’art. 525 del Codice Civile, il chiamato all’eredità che vi abbia rinunciato ha ancora la possibilità di accettare l’eredità medesima fino a che non si sia prescritto il termine per accettarla previsto in 10 anni. La revoca della rinuncia all’eredità, tuttavia, non deve comportare alcun pregiudizio alle ragioni acquistate da terzi sui beni ricompresi nell’asse ereditario, potendo avvenire solo se l’eredità stessa non sia già stata acquistata da alcuno degli altri chiamati.
In caso di rinuncia all’eredità in una successione legittima si applica in primis l’istituto della rappresentazione, e solo qualora questo non sia applicabile, l’istituto dell’accrescimento. La rappresentazione è l’istituto giuridico secondo il quale determinati soggetti subentrano nella successione del de cuius al posto del chiamato all’eredità che vi ha rinunciato. Tale istituto si applica qualora il rinunciante sia figlio o fratello/sorella del de cuius: la sua quota verrà devoluta a favore dei suoi discendenti. Se il rinunciante non ha discendenti e quindi non si può applicare la rappresentazione, la sua quota si accresce agli altri coeredi (c.d. istituto dell’accrescimento).
In caso di rinuncia all’eredità da parte di un erede testamentario, se il de cuius non ha previsto la sostituzione di tale erede indicando nel testamento il nominativo di un ulteriore soggetto che subentri al rinunciante, si applica l’istituto dell’accrescimento. La quota dell’erede rinunciante si accresce agli eredi istituiti nell’universalità dei beni o nella stessa quota assegnata al rinunciante, nominati nel testamento (ai sensi dell’art. 674 del Codice Civile). Se non ha luogo l’accrescimento, la quota del rinunciante verrà devoluta agli eredi legittimi.
Alessandra Manfè – Centro Studi CGN