Gli atti societari tornano di esclusiva competenza dei notai. È questo quanto prevede la legge di Bilancio 2018 nella parte in cui stabilisce che all’art. 36, comma 1-ter, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 le parole “sottoscritti con firma digitale” sono sostituite da “stipulati con atto pubblico informatico”. Un cambio di rotta che obbliga nuovamente i contribuenti ad avvalersi del notaio per la stipula di atti societari e che contraddice le finalità che il legislatore aveva introdotto con la legge n. 172 del 4 dicembre scorso.
Il Collegato fiscale alla legge di Bilancio 2018 (D.L. n. 148/2017) aveva infatti previsto l’uso della firma digitale per gli atti societari riguardanti la trasformazione, la scissione, nonché per i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento di aziende.
Sulla base di quanto indicato nella relativa relazione di accompagnamento, infatti, l’obiettivo del Legislatore era quello di semplificare la stesura di atti societari caratterizzati da “onerose pratiche burocratiche”.
L’art. 11-bis al Collegato alla legge di Bilancio, aveva infatti esteso, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione dei documenti informatici, la facoltà di utilizzo della firma digitale alla sottoscrizione di:
- atti di trasformazione delle società (art. 2498 c.c.);
- atti di scissione delle società (art. 2506 c.c.);
- contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda (art. 2556 c.c.).
In particolare, il citato art. 11-bis aveva introdotto la possibilità di utilizzare la firma digitale per tutti gli atti “di natura fiscale” previsti dagli articoli 230-bis, 2498, 2506 e 2556 del Codice Civile.
Proprio la locuzione “di natura fiscale” aveva sollevato fin dall’approvazione del Collegato alla legge di Bilancio una serie di perplessità. Ad esempio, non era apparso immediatamente chiaro se tale locuzione riguardasse i soli atti di natura fiscale “connessi” alle operazioni di trasformazione e scissione nonché quelli relativi a contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento delle aziende con esclusione quindi di ogni possibile applicazione alle procedure civilistiche.
La previgente disposizione, infatti, non sembrava incidere sull’applicazione delle norme del Codice civile. A tal proposito, ad esempio, si consideri che l’articolo 2500 del Codice civile, in merito alla trasformazione in società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, prevede la redazione di un atto pubblico; nondimeno, per ciò che riguarda il requisito della relativa pubblicità dell’atto, il codice richiede la forma prevista per il tipo di atto adottato nonché quella richiesta per la cessazione dell’ente che effettua la trasformazione.
Stante quanto sopra riportato, quindi, risultava necessario chiarire il perimetro di applicazione di due disposizioni normative che sembravano, nei fatti, confliggere.
A questa diatriba ha risposto (probabilmente in modo cruento) la legge di Bilancio 2018 abrogando la disposizione approvata appena un mese fa con la legge n. 172 del 4 dicembre 2017.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN