È possibile beneficiare delle agevolazioni per gli interventi di miglioramento sismico di edifici (cosiddetto sismabonus) anche se si è provveduto alla demolizione e alla successiva ricostruzione con la stessa volumetria dell’edificio preesistente. È questa la conclusione a cui è giunta l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 34/E del 27 aprile 2018.
Il documento di prassi dell’Agenzia delle entrate ha il merito di mettere “nero su bianco” la precisazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici contenuta nel relativo parere n. 27/2018 e cioè che:
- tra i lavori di ristrutturazione edilizia che possono beneficiare delle agevolazioni di cui all’art. 16-bis del D.P.R. n. 917/1986 (Tuir) rientrano quelli di demolizione e ricostruzione di un edificio con la stessa volumetria di quella preesistente;
- gli interventi di demolizione e ricostruzione, “progettati ed eseguiti in conformità alle vigenti norme tecniche per le costruzioni, rappresentano sicuramente un’efficace strategia di riduzione del rischio sismico su una costruzione non adeguata alle norme tecniche medesime e, pertanto, dal punto di vista tecnico, detti interventi possono certamente rientrare fra quelli di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lett. i) del Tuir, relativi all’adozione di misure antisismiche”.
La risoluzione, da ultimo, affronta le seguenti due questioni controverse:
- Le modalità con cui ripartire la spesa tra i comproprietari. In particolare, era stato chiesto all’Amministrazione finanziaria se, ai fini della ripartizione delle somme da portare in detrazione, dovesse prevalere la quota di proprietà dell’immobile ovvero la somma effettivamente sostenuta dai comproprietari. In merito alla questione posta, l’Agenzia delle entrate ha precisato che deve essere portata in detrazione la spesa effettivamente sostenuta da ciascun comproprietario così come indicato nella distinta del bonifico o nella fattura emessa dall’impresa che ha sostenuto i lavori. Resta fermo il principio già espresso da ultimo con la Circolare n. 7/E del 2017 secondo cui “il beneficio può spettare anche a colui che non risulti intestatario del bonifico e/o della fattura, nella misura in cui abbia sostenuto le spese. A tal fine, è necessario che i documenti di spesa (in particolare le fatture pagate) siano appositamente integrati con il nominativo del soggetto che ha sostenuto la spesa e con l’indicazione della relativa percentuale”.
- L’aliquota IVA da applicare agli interventi in esame. L’Agenzia delle entrate, in merito, precisa che “alla fattispecie descritta nell’istanza di interpello (demolizione con fedele ricostruzione) possa essere applicata l’aliquota IVA agevolata prevista per gli interventi di ristrutturazione, vale a dire l’aliquota del 10 per cento, a condizione che le opere siano qualificate come tali dalla documentazione amministrativa che assente i lavori”. Molto importante, infine, la precisazione contenuta sempre nella risoluzione in esame per la fattispecie relativa alla demolizione e fedele ricostruzione che riguardi un’abitazione prima casa. In tal caso afferma l’Agenzia, “non può trovare applicazione il trattamento fiscale di maggior favore, consistente nell’applicazione dell’aliquota Iva agevolata del 4 per cento prevista, ai sensi del n. 39) della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, per i contratti di appalto relativi alla nuova costruzione di tali abitazioni, in considerazione del fatto che a seguito dell’interpretazione autentica operata dal T.U. dell’edilizia, gli interventi di demolizione e fedele ricostruzione non possono essere ricondotti alle ipotesi di nuova costruzione, bensì concretizzano interventi di recupero di edifici preesistenti”. Resta inteso che, affinché gli interventi siano qualificati come ristrutturazione, è necessario che dall’abilitazione amministrativa risulti la natura di intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente e non quella di intervento di nuova costruzione.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN