Per gli immobili di interesse storico o artistico, il regime tributario applicato a decorrere dal 2012 è legittimo anche se, rispetto al precedente regime fiscale, sotto il profilo quantitativo è diminuito il beneficio fiscale.
La vicenda
Fino al 2011, il reddito degli immobili di interesse storico o artistico era determinato ai sensi dell’articolo 11, comma 2, D.lgs. n. 413/1991 e cioè sulla base della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria di appartenenza.
A decorrere dal 2012, invece, la disciplina normativa prevede che il reddito imponibile ai fini Irpef sia determinato individuando il maggiore tra il canone di locazione ridotto del 35% e la rendita catastale rivalutata del 5% calcolata applicando la tariffa d’estimo propria dell’immobile, ridotta della metà (in tal senso anche la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 114/E del 31 dicembre 2012).
L’orientamento della Corte
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 72, depositata il 5 aprile 2018 ha dichiarato “non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 5-quater e 5-sexies, lettera a), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 2012, n. 44, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, secondo comma, e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Novara con l’ordinanza indicata in epigrafe (ordinanza del 1° dicembre 2015, iscritta al n. 29 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2016).
Secondo quanto precisato nella sentenza n. 72 sopra richiamata, infatti, “rientra nel potere discrezionale del legislatore «di decidere non solo in ordine all’an, ma anche in ordine al quantum e ad ogni altra modalità e condizione» afferente alla determinazione di agevolazioni e benefici fiscali (sentenza n. 108 del 1983). Nell’esercizio di tale potere egli «non è obbligato a mantenere il regime derogatorio, qualora […] siano diversamente valutate le condizioni per le quali il detto regime era stato disposto, purché ciò avvenga nei limiti della non arbitrarietà e della ragionevolezza e nel rispetto dei principi costituzionali in materia» (ordinanza n. 174 del 2001), così come accaduto nella fattispecie in esame”.
Stante quanto sopra, quindi, si deve concludere che la Corte costituzionale ha legittimato il nuovo regime previsto per gli immobili di interesse storico o artistico sulla base dell’indipendenza e della sovranità del legislatore nel rispetto dei principi previsti dalla nostra Costituzione.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN