Come noto, le imprese e i professionisti hanno l’obbligo di dotarsi di un indirizzo PEC e di mantenerlo funzionante, operativo e rinnovato nel tempo per assicurare la propria reperibilità telematica. Ma cosa accade quando viene comunicato un indirizzo PEC errato?
La notifica degli atti a mezzo PEC nel processo tributario è disciplinata dall’articolo 16 bis del D.Lgs. 546/92, introdotto dal D.Lgs. 156/2015, che prevede che le notifiche tra le parti e i depositi presso le competenti commissioni tributarie possono avvenire in via telematica secondo le disposizioni contenute nel decreto del M.E.F. n. 163/2013 e succ. mod.
L’articolo 5 del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 23 dicembre 2013, n. 163 che regola il processo tributario telematico, recita che le notifiche e le comunicazioni telematiche sono eseguite mediante la trasmissione dei documenti informatici all’indirizzo di PEC di cui all’articolo 7 dello stesso decreto.
In pratica, secondo l’articolo 7 dello stesso decreto, l’indirizzo di posta elettronica certificata, le cui credenziali di accesso sono state rilasciate previa identificazione del titolare stesso, è quello dichiarato dalle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo ed è riportato nella nota di iscrizione a ruolo.
Per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, l’indirizzo PEC deve coincidere con quello comunicato ai rispettivi ordini o collegi. Per gli altri soggetti abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle Commissioni tributarie, l’indirizzo PEC deve invece coincidere con quello rilasciato da un gestore in conformità a quanto stabilito dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, previa identificazione del soggetto medesimo.
Per le imprese individuali e per le società iscritte nel registro delle imprese, l’indirizzo PEC deve coincidere con quello comunicato al momento dell’iscrizione al registro stesso e pubblicato nell’INI-PEC (indice nazionale degli indirizzi PEC che raccoglie tutti gli indirizzi di posta elettronica certificata di imprese e professionisti presenti nel territorio italiano).
In tema di notifiche telematiche, nei processi civili, tributari e fallimentari, la ricevuta di avvenuta consegna rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella PEC del destinatario medesimo.
Ma quali sono le conseguenze se nel processo tributario viene indicato un indirizzo PEC errato?
Gli uffici di segreteria delle Commissioni tributarie, in caso di omessa o errata indicazione dell’indirizzo di posta certificata, negli atti difensivi delle parti, possono altresì utilizzare gli elenchi degli ordini professionali e del registro delle imprese.
L’omessa indicazione dell’indirizzo PEC del difensore comporta però la maggiorazione del contributo unificato della metà. E, se si considera che talvolta l’ammontare del contributo unificato può essere considerevole, tale omissione potrebbe gravare con un costo non indifferente nell’ambito del processo tributario.
Nei casi in cui la parte abbia cambiato indirizzo PEC, egli può comunicare la variazione dell’indirizzo di posta certificata mediante una dichiarazione anche cumulativa, diretta all’Ufficio di segreteria della Commissione tributaria competente, indicando i ricorsi interessati da tale variazione con i rispettivi numeri di registro generale.
Tali variazioni hanno effetto dal decimo giorno successivo a quello in cui sono state notificate alla segreteria della Commissione tributaria e alle parti costituite, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (art. 6, secondo comma). E ciò vale anche ai gradi del processo successivi al primo.
Per completezza di informazione, nei casi in cui la parte stia in giudizio personalmente (senza ausilio di un difensore abilitato) e il relativo indirizzo di posta elettronica certificata non risulti dai pubblici elenchi, il ricorrente può indicare l’indirizzo di posta al quale vuole ricevere tutte le comunicazioni inerenti il procedimento.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN