Per il contribuente, l’autotutela non rappresenta uno strumento di protezione dal contenzioso tributario. È questo il principio che la Corte costituzionale ha sancito con la sentenza n. 181 del 13 luglio 2017, in senso conforme all’orientamento della Corte di cassazione (con le sentenze Cass. S.U. sentenza n. 8685/96, Cass. S.U. sentenza n.16097/09; n. 7511/16).
La vicenda
Un contribuente si era rivolto al giudice per impugnare il silenzio dell’Amministrazione finanziaria riguardante un’istanza di annullamento di un atto impositivo. La Commissione tributaria provinciale aveva quindi sollevato dubbi circa la legittimità costituzionale dell’articolo 2-quater, co.1, del D.L. n. 564/1994 e dell’articolo 19, co.1, del D.Lgs. n. 546/1992 nella parte in cui non obbliga l’Amministrazione finanziaria ad adottare un provvedimento né all’istanza di autotutela del contribuente né all’impugnazione del silenzio tacito in relazione a tale istanza. In particolare, secondo i giudici della Commissione tributaria, verrebbero violati i principi della capacità contributiva (ai sensi dell’art. 53 Cost.), di buon andamento dell’azione amministrativa (previsto dall’art. 97 Cost.), di difesa (come disposto dall’art. 24 Cost.) e di impugnabilità degli atti della pubblica amministrazione (come indicato dall’art. 113 Costituzione).
La risposta della Corte costituzionale
In merito alle questioni di legittimità, la Corte costituzionale ha risposto in senso negativo affermando che l’accoglimento dell’istanza dei giudici della Commissione tributaria metterebbe in discussione il sistema di impugnabilità degli atti amministrativi fondato sull’esercizio dell’azione entro limiti temporali previsti a pena di decadenza. Accogliere l’istanza del giudice rimettente, quindi, genererebbe secondo quanto sancito dalla Corte uno squilibrio tra il rispetto del principio del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost. e quello della stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico volto a garantire la stabilità dei bilanci delle pubbliche amministrazioni.
In seno all’applicabilità dell’autotutela, quindi, resta di esclusiva pertinenza dell’ente impositore il potere della valutazione degli interessi pubblici meritevoli di tutela, tali da sacrificare la pretesa tributaria.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN