Terreno oggetto di rivalutazione ma successiva vendita a prezzo inferiore

Negli ultimi anni è cresciuto il contenzioso riguardante il seguente fenomeno: terreno oggetto di rivalutazione ma successiva vendita ad un importo inferiore al valore indicato nella perizia.

In merito alla problematica sopra descritta, va preliminarmente ricordato che l’Agenzia delle entrate ha fornito con la circolare n. 1 del 15 febbraio 2013 una possibile via d’uscita precisando che:

  • nel rogito devono essere indicati sia il corrispettivo di vendita sia il maggior importo risultante dalla perizia;
  • il contribuente continua a beneficiare degli effetti della rivalutazione e pertanto non realizza alcuna plusvalenza;
  • le imposte di registro, ipotecaria e catastale devono essere liquidate tenendo conto però del maggior valore di perizia.

Sempre secondo quanto precisato dall’Amministrazione finanziaria con le circolari n. 20/2016 e n. 47/E/2011, la procedura sopra descritta è superabile se il contribuente è in possesso di una nuova perizia dove è indicato un nuovo valore del terreno più basso di quello indicato nella precedente perizia.

Data la farraginosità del processo sopra descritto, purtroppo, nel corso degli ultimi anni il contenzioso è aumentato progressivamente e, per dirimere la questione, dal 2016 è intervenuta anche la Corte di Cassazione. Al riguardo, però, va detto che l’incertezza è purtroppo aumentata poiché:

  • con tre distinte sentenze del 2016 (n. 19242 del 28 settembre, n. 24310 e 24316 del 29 novembre) la Suprema corte ha dato torto alla tesi dell’agenzia delle Entrate;
  • con altre tre sentenze, sempre del 2016 (n. 14492 e 14693 del 15 luglio, n. 19465 del 30 settembre 2016) la Corte si è espressa a favore dell’Amministrazione finanziaria;
  • è stata pubblicata una ordinanza della Corte di cassazione nel 2017, contraria alla tesi dei contribuenti (ordinanza n. 24136/2017).

Nelle scorse settimane, con l’ordinanza n. 19378 del 20 luglio 2018, la Suprema corte ha nuovamente deciso in favore del contribuente respingendo la tesi dell’Amministrazione finanziaria.

Stante l’alternanza di decisioni e l’incertezza circa l’orientamento sopra descritto, sarebbe auspicabile che la Corte di cassazione decida a Sezioni unite a favore del contribuente che nel caso in cui il prezzo indicato nell’atto sia inferiore a quello oggetto di affrancamento, non si realizzi alcuna plusvalenza.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN