La documentazione contabile assume il medesimo valore probatorio a prescindere che venga utilizzata dall’Ufficio per le operazioni di accertamento ovvero dal contribuente per una perizia effettuata dal Consulente tecnico d’ufficio a proprio favore. Questo è, in sintesi, il principio cui giunge la Corte di Cassazione e che si può desumere dall’ordinanza n. 6864/2019.
La vicenda
I verificatori dell’Amministrazione finanziaria avevano ricostruito la posizione fiscale del contribuente procedendo al recupero a tassazione di maggior imponibile ai fini Irpef, Irap e Iva. Il contribuente, avverso l’atto impositivo, aveva presentato ricorso.
I giudici della Commissione tributaria regionale, nel confermare la decisione dei giudici di primo grado, avevano concluso che i costi risultanti dalla perizia presentata dal contribuente non modificavano i risultati dell’accertamento perché erano fondati su documentazione contabile inattendibile.
Cosa ha stabilito la Suprema corte
La Corte di cassazione non condivide le conclusioni cui giungono i giudici di merito soprattutto nella parte in cui si afferma che devono considerarsi inattendibili le conclusioni della perizia di parte, senza spiegarne le ragioni di tale inattendibilità.
Infatti, sostengono i giudici della Suprema corte, è presumibile che la ricostruzione della posizione fiscale del contribuente fatta dai verificatori dell’Agenzia delle entrate si basi su atti, fatture di acquisto e di vendita, cedolini paga, bolli di automezzi, certificati assicurativi, modelli F24, mastrini analitici ed estratti dei conti correnti bancari.
In altri termini, sostiene la Corte, non si comprende, allora, per quale ragione tale documentazione, se utilizzata dall’Amministrazione finanziaria per ricostruire la posizione fiscale del contribuente, è da considerarsi attendibile, mentre se utilizzata dal Ctu di parte (con perizia) per giungere a conclusioni favorevoli al contribuente debba ritenersi inattendibile.
Se i giudici di merito intendono affermare che la conclusione cui giunge l’Erario è attendibile mentre quella della perizia di parte no (benché si basi sulla medesima documentazione contabile), allora è necessario che siano motivate le ragioni della loro decisione, pena il vizio di motivazione (Cassazione 32980/2018).
Inoltre, sostiene la Cassazione non bisogna dimenticare che la società di revisione che ha predisposto la perizia svolge funzioni di controllo circa la regolare tenuta della contabilità ed è comunque responsabile penalmente per false certificazioni, comunicazioni o dichiarazioni. Pertanto, sostiene la Suprema corte, anche se la relazione della società di revisione non garantisce la veridicità del bilancio, devono considerarsi certamente affidabili e qualificate le attestazioni rilasciate, che non possono essere disattese dall’Amministrazione Finanziaria o dal giudice, se non dopo averle confutate da prove di eguale portata.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN