Il professionista che, oltre alla propria attività di medico chirurgo, ricopre l’incarico di consigliere di amministrazione presso una clinica sanitaria, può usufruire del regime forfettario solo nel caso in cui l’ammontare complessivo dei redditi percepiti per entrambi i ruoli non superi la soglia di 65.000 euro annui. È questa la posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 202 del 21 giugno 2019.
Nel caso di specie, un medico chirurgo che, oltre a svolgere l’attività di libero professionista, ricopriva la carica di consigliere di amministrazione di una clinica, chiedeva un parere all’Agenzia delle Entrate sulla presenza o meno di cause ostative che gli inibissero l’applicazione del regime forfettario.
L’Agenzia delle Entrate rispondeva che nel caso del medico istante non opera alcuna causa ostativa che inibisca l’applicazione del regime forfettario per lo svolgimento di prestazioni prevalenti nei confronti dell’attuale o ex datore di lavoro. Infatti, sebbene la lettera c-bis) dell’articolo 50 del TUIR preveda che “le somme percepite in relazione agli incarichi di amministratore, sindaco o revisore di società, costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente”, i compensi attribuiti al professionista per la carica di amministratore presso la clinica privata che svolge la medesima attività di quella di cui al reddito da lavoro autonomo non sono da considerarsi come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ma si qualificano come redditi di lavoro autonomo, di cui all’art. 53 del TUIR. Nell’affermare tale concetto, l’Agenzia cita la Circolare n. 105 del 12 dicembre 2001 che chiaramente prevede che “l’attrazione dei compensi alla categoria dei redditi di lavoro autonomo opera, inoltre, nella diversa ipotesi in cui, anche in assenza di una previsione espressa nell’ambito delle norme di disciplina dell’ordinamento professionale, il professionista svolga l’incarico di amministratore di una società o di un ente che esercita una attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale”.
Tuttavia, chiude l’Agenzia nella risposta all’interpello n. 202 del 21 giugno 2019, qualora l’ammontare complessivo dei redditi percepiti superi la soglia di 65.000 euro individuata dal comma 54 dell’art. 1 della Legge n. 190 del 2014, il contribuente non potrà applicare il regime forfettario e virerà verso il regime fiscale ordinario.
Giovanni Fanni – Centro Studi CGN
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