I valori Omi e il mutuo stipulato dall’acquirente possono essere elementi sufficienti per accertare il valore di cessione dei beni.
Con l’ordinanza n. 7819 del 20 marzo 2019, la Suprema corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato in merito dall’Agenzia delle entrate sulla base del fatto che l’accertamento emesso dall’ufficio “non è fondato sui soli valori 0.M.I., ma poggia su una serie di elementi di riscontro probatorio, tutti volti ad evidenziare una ‘disomogeneità’ tra i prezzi dichiarati negli atti di cessione ed il valore effettivo dei beni”.
Secondo i giudici di legittimità, inoltre, la Commissione tributaria regionale di Milano “non ha adeguatamente preso in esame tutti gli elementi offerti dall’Ufficio che, costituendo un quadro di circostanze astrattamente suscettibile, per gravità, precisione e concordanza, di legittimare la determinazione induttiva del reddito e, quindi, di orientare diversamente il giudizio, imponeva di esplicitare in modo più esaustivo e puntuale il percorso logico-giuridico seguito per addivenire alla decisione”.
Anche a voler escludere ogni rilevanza dei valori Omi, sostiene la Corte di cassazione “a fondare l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili è sufficiente, come ribadito costantemente da questa Corte, anche soltanto lo scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente, ciò non comportando alcuna violazione delle norme in materia di onere della prova”.
I giudici di legittimità, infatti, sulla base del costante orientamento giurisprudenziale, ritengono che la presunzione semplice è un procedimento logico da cui il giudice desume l’esistenza di un fatto ignoto dalla presenza di un fatto noto sul presupposto di una loro successione nella normalità dei casi.
Secondo i giudici di legittimità, quindi, è evidente che anche il solo mutuo, qualora presenti i requisiti della gravità e precisione, può essere idoneo per una tale deduzione e costituire, quindi, la fonte della presunzione.
La Corte di cassazione, quindi, accoglie il ricorso e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN