Il Decreto Crescita ha introdotto nell’ordinamento un nuovo ammortizzatore sociale che, a partire dal 30 giugno 2019, sostituisce il contratto di solidarietà espansiva. Chiariamo quali sono le caratteristiche di questo nuovo strumento e quale impatto ha sui soggetti interessati.
Con Circolare del 9 Settembre 2019, n. 16, infatti, il Ministero del Lavoro fornisce chiarimenti in merito all’accesso al cd. contratto di espansione previsto per opera dell’articolo 26-quater del suddetto D.L. 34/2019 in applicazione dell’articolo 41 del Decreto Legislativo n. 148/2015, inteso quale intervento rivolto alle grandi imprese come propulsore di crescita interna e della competitività in ambito esterno.
Destinatari della misura, infatti, approvata in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020, sono le imprese:
- con organico superiore alle 1000 unità lavorative;
- coinvolte in processi di reindustrializzazione o riorganizzazione.
Inoltre, in materia di compatibilità rispetto ad altri ammortizzatori sociali, il contratto di espansione potrà essere stipulato anche nei casi in cui l’impresa abbia in corso altri ammortizzatori sociali (previsti dal D. lgs.148/2015), inclusa la mobilità non oppositiva, e nei casi in cui già si faccia ricorso a riduzioni orarie in settori diversi da quelli coinvolti dal contratto di espansione ma con essi organizzativamente collegati.
Il vero e proprio “contratto di espansione” è, dunque, un accordo ad hoc che dev’essere stipulato tra l’impresa ed il Governo. L’intesa, tuttavia, dovrà essere precedentemente discussa con il Ministero del Lavoro e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, comprese le rispettive rappresentanze sindacali aziendali e dovrà determinare:
- il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
- la programmazione temporale delle assunzioni;
- l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante (art. 44 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81);
- relativamente alle professionalità in organico, misure speciali per la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro;
- un progetto di formazione e riqualificazione rivolto al personale che, a causa della modifica dei processi aziendali, risulti in possesso di conoscenze ed abilità operative non più adeguate allo svolgimento dell’attività lavorativa;
- definizione del numero dei lavoratori che possono accedere, a particolari condizioni, alla pensione di vecchiaia o anticipata sulla base di un regime agevolato.
L’impresa che intende stipulare il contratto di espansione è, inoltre, tenuta a presentare un progetto di formazione e riqualificazione del personale che garantisca che almeno il 70% del personale coinvolto nelle suddette riqualificazioni acquisisca nuove conoscenze e rientri nel circuito produttivo. Tale recupero, nel dettaglio, deve essere inteso come rientro in azienda dei lavoratori sospesi, ma anche come riassorbimento presso unità diverse delle stessa impresa o di imprese terze.
Nel caso di attivazione della misura, la legge prevede che per i lavoratori che si trovano a non più di 60 mesi dalla pensione, o per coloro che abbiano maturato il requisito minimo contributivo (previo accordo) il datore di lavoro possa riconoscere un’indennità mensile, ove spettante comprensiva della NaSpi, fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro.
Diversamente, per quanto riguarda i lavoratori esclusi dal beneficio appena descritto, sarà possibile procedere ad una riduzione dell’orario di lavoro e all’applicazione del trattamento di integrazione salariale con contribuzione figurativa. Tale riduzione media dell’orario di lavoro non può, tuttavia, eccedere il 30% l’orario giornaliero, settimanale o mensile, ma, per particolari esigenze, per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro può essere ridotta fino al 100% all’interno del periodo per cui è in vigore il contratto di espansione.
Sul fronte della formazione, il Ministero ha precisato che il piano formativo dovrà contenere anche le previsioni di recupero occupazionale e l’impresa deve garantire che almeno il 70% del personale coinvolto nella riqualificazione acquisisca le nuove competenze e rientri nel circuito produttivo. Tale progetto dovrà poi essere oggetto di una certificazione fornita da un organismo terzo rispetto all’impresa, pubblico o privato.
Infine, in materia di durata complessiva della sperimentazione del contratto di espansione, il Ministero del Lavoro ha chiarito che esso potrà essere avviato anche nel 2020 e potrà continuare a produrre i suoi effetti anche nel 2021, restando comunque valido il limite temporale massimo di 18 mesi.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato