La nuova qualifica del lavoratore impatriato e le agevolazioni previste

Il lavoratore distaccato in un paese estero per 24 mesi, con la qualifica di impiegato, può beneficiare delle agevolazioni previste in favore dei cosiddetti impatriati se, dopo il biennio all’estero è rientrato in Italia anche se alle dipendenze della medesima società italiana che lo aveva distaccato con un nuovo ruolo aziendale di “quadro”. Secondo l’Agenzia, infatti, il suo rientro in Italia si pone “in discontinuità con la posizione lavorativa precedente”.

È questo il chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 492 del 25 novembre 2019.

In merito al distacco del lavoratore, l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 17/E/2017, commentando il vecchio regime sugli impatriati, aveva escluso l’applicabilità dell’agevolazione fiscale nel caso di distacco all’estero, “in quanto, in tale ipotesi, la prestazione, essendo resa a beneficio del soggetto distaccatario estero, risulta distinta dalla attività svolta in Italia”. Inoltre, la medesima circolare n. 17/E/2017 aveva escluso dall’agevolazione i soggetti di ritorno da un distacco all’estero, in quanto “il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma”.

Con la risposta n. 492 sopra menzionata, l’Amministrazione finanziaria ha invece rivisto la propria posizione, chiarendo che se il lavoratore, che rientra in Italia dopo essere stato distaccato all’estero, non rioccupa la posizione di lavoro che aveva prima ma ne assume una nuova, lo stesso è ammesso al regime agevolato dei lavoratori impatriati. Nel caso esaminato dall’Amministrazione finanziaria, infatti, il rientro in Italia non era la “conseguenza della naturale scadenza del distacco ma era determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa”.

Secondo l’Agenzia, quindi, anche se la data di inizio del nuovo rapporto di lavoro in Italia coincide con la scadenza naturale del suo distacco nello stato estero, la nuova qualifica di “quadro” riconosciutagli non lo pone in continuità con la precedente posizione lavorativa di “impiegato”. Pertanto, il reddito di lavoro dipendente/autonomo prodotto in Italia può concorrere alla formazione del reddito nella misura del 50% a decorrere dal periodo d’imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i successivi quattro periodi d’imposta.

Di particolare interesse anche il nuovo orientamento dell’Agenzia delle entrate, secondo cui spetta l’agevolazione a un lavoratore che non si è mai cancellato dal registro anagrafico italiano. Con la risposta n. 497/2019 (ma l’orientamento è ribadito anche nella risposta n. 495/2019), infatti, viene finalmente chiarito che, “qualora il periodo di iscrizione all’AIRE risulti insufficiente o detta iscrizione non risulti affatto, trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 5-ter inserito nell’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015”.

Tale disposizione prevede che “I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a). Con riferimento ai periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al, comma 1, lettera a). Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo”.

Secondo l’Agenzia, quindi, “La ratio di tale norma è volta a valorizzare, per i soggetti che non risultano iscritti all’AIRE (o che vi risultano iscritti per un periodo inferiore a quello richiesto dal comma 1 dell’articolo 16), la possibilità di comprovare il periodo di residenza. A tal fine, si ritiene che la richiamata disposizione trovi applicazione non solo per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020, ma anche per i contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il periodo di imposta 2019”.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN